Liquida

IL FILO DELLA MATASSA

by on Mar.06, 2006, under Milano e dintorni

Il giudice Leonardo Grassi,autore di tante inchieste mi accoglie nel suo ufficio al terzo piano.Gli armadi sembrano cadere sotto il peso delle carte.E’ un magistrato abile,che ha lavorato con molti altri suoi colleghi per districare la complessa matassa di connivenze con apparati dello Stato e fascisti che sta dietro alla strage del 2 Agosto 1980 alla Stazione di Bologna.Iniziamo la chiacchierata.Mi parla delle sue indagini,delle difficoltà di riuscire a compiere il lavoro di giudice a tutto campo.Apre l’antina dell’armadio,fruga tra le carte."Questa è la sentenza di primo grado del processo di Bologna,una pietra miliare,c’è la storia degli intrighi tra i servizi ,P2,Nuclei Armati Rivoluzionari.".Sfoglia migliaia di pagine poi si ricorda che sto indagando sull’omicidio dei due ragazzi del Casoretto.Mostra un documento interessante."A questo potresti allacciarti per la tua inchiesta".Grassi è un giudice istruttore,proprio come Guido Salvini a Milano,180 chilometri più a sud.Nel 1994 emette una sentenza -ordinanza sul depistaggio del treno Taranto-Milano,organizzato dal SuperSismi di Santovito,Belmonte e Musumeci per confondere le idee agli inquirenti che indagavano sulla strage della stazione di Bologna,il 2 agosto 1980.Nell’atto giudiziario si parla di depistaggi e dell’utilizzo della Banda della Magliana come "agenzia criminale dei servizi segreti e del ruolo occulto avuto da Licio Gelli e la P2".La storia è presto detta."Il 10 gennaio 1981 il Ministro dell’Interno comunica a tutte le Questure e agli Uffici Polfer,che,secondo notizie confidenzialmente raccolte,gruppi terroristici di destra sono in procinto di compiere attentati a tronchi ferroviari e convogli e che a tale scopo una unità operativa si accinge a trasportare un imprecisato quantitativo di materiale.(tratto dalla sentenza ordinanza del 30 aprile 1985 del Giudice Istruttore di Bologna)Il giorno dopo, la notizia messa in circolazione ad arte acquista contorni precisi:viene comunicato agli uomini di polizia giudiziaria che l’esplosivo è stato consegnato nelle mani di due cittadini francesi,uno dei quali di nome Philippe che grazie all’appoggio di altri avrebbe provveduto al trasporto e alla successiva utilizzazione del materiale.Il 12 gennaio l’informativa diventa più precisa:si dice che l’esplosivo e’ già disponibile in Italia e che e’ stato approntato un piano d’azione da un gruppo terroristico,composto da un italiano,alcuni detenuti,altri latitanti come Freda,Ventura,Delle Chiaie,francesi aderenti al FANE tra cui un certo Philippe.Passano poche ore e i poliziotti sanno che a trasportare l’esplosivo sono Raphael Legrand e Martin Dimitri.Ad Ancona devono consegnarlo ad altri elementi della destra eversiva.La Digos sale sul treno espresso n.514 Taranto-Milano ma alla stazione di Ancona non trova nulla.Si sposta a Rimini poi a Bologna:alle 9,26 viene scoperta su una carrozza di seconda classe,precisamente la terza dalla testa del treno, una valigia.Nel rapporto della Digos del 7 marzo 1981 si offre un quadro decisamente inquietante del contenuto della borsa."Ritrovammo un mitra MAB con numero di matricola abraso e calcio rifatto artigianalmente,due caricatori di cui uno con venti cartucce calibro 9 lungo,un fucile da caccia calibro 12,8 lattine con 7 etti di sostanze esplosive innescate con capsule detonanti in alluminio e micce a lenta combustione,2 passamontagna di lana color bleu,copie di giornali francesi e tedeschi,biglietti aerei".Inizia l’operazione Terrore sui treni voluta dal generale Giuseppe Santovito,in collaborazione con Pietro Musumeci e Belmonte(tutti iscritti alla P2 di Licio Gelli).Maurizio Abbatino,uomo della Banda della Magliana,dopo il suo pentimento,consente di scoprire chi pose materialmente sul treno quella valigia.Secondo l’ordinanza di Leonardo Grassi,"Abbatino ha identificato in Massimo Carminati la persona che procurò il mitra e verosimilmente anche la maggior parte dei rimanenti materiali utilizzati da Musumeci e Belmonte per il depistaggio;e tale dato è significativo se si tiene conto che Carminati è legato ad Avanguardia Nazionale è intimo di Valerio Fioravanti ed è legato alla Banda della Magliana,anzi all’interno di essa,in una posizione di snodo fra l’ambiente malavitoso ed il terrorismo neofascista" .Ed ecco l’indizio che riapre il caso del Casoretto.Angelo Izzo,protagonista della morte di Rosalia Lopez nel massacro del Circeo,invia una lettera alla Digos di Bologna che il giudice Grassi nella sentenza ordinanza definisce come "estremamente significativa".Il destinatario è la Digos ma Grassi lo fa diventare un punto fermo della sua accusa : porta la data del 5 febbraio 1992."Massimo Carminati nasce nell’ambiente dell’estremismo di destra come amico e compagno di scuola di Valerio Fioravanti al quale si lega in modo forte e di Franco Anselmi.In breve diviene un personaggio carismatico di uno dei gruppi fondanti dei Nar:quello cosiddetto dell’Eur.Pur partecipando solo marginalmente a scontri,sparatorie ed episodi della miniguerra che ha insanguinato la capitale intorno al 1977 fra estremisti di sinistra e di destra,Carminati gode di grandissimo prestigio.Probabilmente perché è la persona dell’ambiente di destra maggiormente legata già allora alla malavita romana,alla nascente Banda della Magliana.Un altro motivo di prestigio naturalmente potrebbe essere legato all’omicidio milanese di Fausto e Iaio a cui potrebbe aver partecipato.In questo caso il movente vero di tale omicidio sarebbe da ricollegare non tanto alla faida tra rossi e neri,ma considerata la personalità del Carminati ed i rapporti che già deteneva con ambienti strani,allora l’omicidio del Casoretto sarebbe da addebitarsi a manovre di spezzoni deviati dei servizi segreti controllati all’epoca dalla P2".L’accusa di Izzo,pentito di destra, è circostanziata,densa di particolari ancora al vaglio degli inquirenti.."Carminati nel 1977 partecipa al sequestro Iacorossi e a rapine in banca correo di quelli della Magliana.Forse ha mano nell’omicidio del dirigente missino Pistolesi ed è già un personaggio con molti legami che vanno dall’ambiente di Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie,a Franco Giuseppucci detto Il Negro,a Danilo Abbruciati,a Flavio Carboni.Questo gli permette di tenere un rapporto di superiorità con i sorgenti terroristi neri,ai quali è in grado di fornire appoggi e aiuti di ogni genere".E’ Maurizio Abbatino a offrire un particolare importante."E’ nei primi mesi del 1978 che gli elementi più rappresentativi del neonato spontaneismo armato di destra come Valerio Fioravanti,Massimo Carminati e Alessandro Alibrandi,gravitando prevalentemente nella zona Eur-Marconi-Magliana,si trovano nella necessità di contattare l’ambiente dei ricettatori collegati a Giuseppucci,per riciclare il provento delle rapine e danno soprattutto di gioiellerie.Tali rapporti in breve tempo divennero talmente stretti che si arrivò a scambi di favori per omicidi".Izzo dice alla Digos che Carminati agisce per conto dei servizi segreti deviati legati allora dalla P2.Il giudice Grassi conferma."Il pentito,quando parla di Carminati è credibile.I fatti che racconta nella mia sentenza ordinanza sono stati accertati.Carminati è il terminale tra i servizi deviati e i gruppi di destra.Con Musumeci e Belmonte,almeno se si prende per buono il lavoro d’inchiesta,aveva un rapporto strettissimo.Lo doveva avere per forza".Leonardo Grassi scrive,a questo proposito,che "Angelo Izzo invia la lettera il 5 febbraio 1992,cioè prima che l’Abbatino iniziasse a collaborare;il documento contiene,riguardo a Carminati,una serie di indicazioni investigative che poi sono state in larga parte puntualmente riscontrate".Ma il racconto va avanti."Carminati è parrticolarmente legato ai fratelli Fioravanti,ad Alibrandi e naturalmente ai fratelli Bracci e a Tiraboschi e De Francisci che sono poi i più importanti elementi del cosiddetto gruppo Eur.Altra particolarità del Carminati è che ha goduto di una certa omertà anche da parte di Cristiano Fioravanti che pur rischiando tuttora moltissimo da parte del Carminati che è intenzionato ad uccidere Fioravanti jr.,ha sempre cercato di tenere fuori dalle sue confessioni il suo amico d’infanzia Massimo.Questo si spiega anche la sua partecipazione sia pure marginale all’esecuzione del giornalista Pecorelli.Omicidio i cui esecutori materiali sono stati Valerio Fioravanti e Massimo Carminati:ambedue in questo periodo hanno eseguito o fatto eseguire vari omicidi per conto della P2 o di ambienti ad essa collegati.Con insistenza i due vengono indicati come killer di Licio Gelli in tutti gli ambienti di destra e se Carminati non compare nell’omicidio del Presidente della Regione siciliana egli è certamente implicato,non so se in prima persona,nell’omicidio del finanziere milanese Gamba.Ma oltre all’attività malavitosa sembra il Carminati abbia coltivato i suoi rapporti ad alto livello sempre prestandosi da sicario,come nel caso Pecorelli.Questo è il periodo più oscuro della sua biografia.Dovrebbe essere implicato insieme a Valerio Fioravanti in omicidi avvenuti fuori dai confini dell’Italia,omicidi eccellenti,probabilmente di banchieri.In ogni caso ha avuto contatti con ambienti del sottobosco finanziario piduista e legami con grandi trafficanti internazionali di armi e droga".Abbatino rivela l’11 dicembre 1992 al giudice Istruttore di Milano che "Massimo Carminati gli confidò di disporre di conti segreti presso banche svizzere e che a questi conti era possibile accedere soltanto tramite un codice segreto".

Chiedo lumi a chi ha lavorato sulla base delle inchieste iniziate dal giudice Mario Amato. Loris D’Ambrosio è una sorta di memoria informatizzata."Tutti gli atti criminali compiuti dal gruppo Alibrandi-Carminati erano coperti da una certa omertà.Per questo non mi stupisce che nessuno parli .Una rapina di autofinanziamento oppure l’uccisione di Amato sono atti politici ma omicidi come quello del Casoretto o di Valerio Verbano non posso rivendicarli direttamente perché qualche militante potrebbe chiedermi conto di quello che si è fatto.Il gruppo della destra romana era certamente conosciuto dai servizi .Nel caso di Fausto e Jaio ,gli altri componenti del commando potrebbero aver agito a fini strettamente politici,magari per vendicare la morte di Franco Anselmi ma Carminati per fare un favore a qualcuno.Una delle motivazioni poteva essere la seguente:andiamo a Milano perchè ci sono dei rossi che tentano di ghettizzare i nostri camerati ma i milanesi non possono entrare in azione altrimenti sarebbero subito conosciuti.Io lavorai sul caso Fausto e Iaio,tanto che nel processo Nar 1 comparve nei capi d’imputazione.Indagai sulla posizione di due soggetti:Mario Corsi e Guido Zappavigna.Fu Carmine Scotti a scoprire alcune novità in quello che potremmo chiamare l’asse Roma-Cremona-Milano".Scotti è un poliziotto che non ha mai perduto la speranza di giungere ad una verità sul caso di Fausto e Jaio.Capelli lunghi dietro e una simpatica pelata ,camicia a righe,cravatta.Scotti è da sempre impegnato nel sindacato di polizia,un uomo colto,che legge gli atti processuali attentamente,senza perdere quel filo di memoria che fa grande un investigatore.Lui e’ alla narcotici di Milano nell’anno di Fausto e Jaio,conosce i meccanismi del traffico di stupefacenti ,il viaggio dei carichi di eroina.Ha in pugno Milano.Oggi è come era allora,con qualche capello in meno ma con la stessa disponibilità.Mi attende nel suo ufficio alla Questura di Cremona.Lavora nell’ufficio politico,il solito via vai delle piccole città,qualche grana ogni tanto,gli ultrà della Cremonese,qualche fatterello di cronaca ma niente a che spartire con quello che accadeva allora,nella sua Milano."Ero già alla Digos ,poi diventai maresciallo alla narcotici.Inizialmente sembrava che su Fausto e Jaio ci fosse un nesso tra droga e politica ,così mi affidarono il caso.La mia attività di ricerca è partita subito:misi tutte le energie per scoprire cosa si celasse dietro il duplice omicidio.Si vociferava che era un fatto di droga ma in pochi secondi mi accorsi che i due vennero uccisi da fascisti che venivano da lontano.Era un’esecuzione a tutti i livelli.Non poteva certamente maturare nel mondo della droga:se fossero stati piccoli spacciatori li avrebbero aspettati,picchiati,magari minacciati di morte.Per scomodare un grande spacciatore ci doveva essere dietro uno sgarro di tre o quattro chili di eroina.Fausto e Jaio non potevano sapere. Capì presto che erano professionisti,era gente che veniva da un giro diverso da quello di chi vende droga:si vestivano bene,persone di un certo ceto sociale.Mi convinsi che provenivano da Roma,nell’ambiente della destra eversiva.Mi trasferirono a Cremona.Senza volerlo mi trovai in mezzo all’inchiesta.Fu anche la prima che incrociò in qualche modo i Nuclei Armati Rivoluzionari,sul finire degli anni settanta,proprio nel momento della loro più frenetica attività eversiva. Controllai le mosse di Mario Spotti.Andai a casa sua ed effettuai una perquisizione.Trovammo munizioni calibro 7,65 e una lettera del 4 febbraio 1978 dove Mario Corsi ,militante romano dei Nar e appartenente al gruppo Prati chiede aiuto a Spotti per il movimento.Interrogammo a lungo Spotti.Lui disse che quelle cartucce le aveva ricevute da Franco Anselmi,poco prima che fosse ucciso davanti all’armeria di Danilo Centofanti.Dalla lettera di Corsi capimmo molte cose.Si parlava della pistola e Spotti diceva a Corsi di stare tranquillo,che tutto era a posto.Frugammo a casa di Spotti ma della 7,65 che uccise Fausto e Jaio,nessuna traccia".Il 10 dicembre 1993 il quotidiano Cronaca Padana fa il punto sulle indagini.L’articolo porta la firma di Mario Silla.E’ uno dei pochi pezzi dettagliati sulla storia di Fausto Jaio.Parla delle indagini del giudice milanese Guido Salvini che emette nel 92 tre avvisi di garanzia ."Tutto fa pensare che il magistrato milanese stia seguendo le stesse orme dei giornalisti Umberto Gay e Fabio Poletti .Il loro lavoro di controinformazione fu approfondito.Riuscirono a dimostrare la presenza di due estremisti di destra romani:Mario Corsi e Guido Zappavigna. Quest’ultimo, all’epoca,era militare presso la caserma Col di Lana mentre Corsi aveva parenti all’ombra del Torrazzo e frequentava ambienti della destra cremonese.In particolar modo erano entrambi legati a Franco Anselmi".Il pezzo non è avaro di particolari."Dopo l’omicidio la Digos di Cremona su incarico del giudice Spataro,perquisì la casa di Mario Spotti.La pistola non venne ritrovata ma a casa sua si rinvennero alcune munizioni dello stesso calibro. Spotti disse di aver gettato la pistola nel Po.Le coincidenze devono essere sembrate troppe ai magistrati:la pistola appartenuta,secondo quanto ammesso da Spotti e da Franco Anselmi(lo stesso calibro che freddò due ragazzi del Leoncavallo,la presenza assidua dei due amici dello stesso estremista ucciso nell’armeria,la rivendicazione da parte della sedicente Brigata Anselmi).Un cocktail di coincidenze che ha fatto muovere dapprima la Digos di Cremona e recentemente il giudice Salvini che per due volte venne nella nostra Questura ad interrogare tre cremonesi,già militanti di destra,che avevano conosciuto Mario Corsi e Guido Zappavigna.Forse per quel delitto consumato sul fare della sera,in pieno sequestro Moro ed in una Milano blindata dalle forze dell’ordine,è giunto il monento di assicurare alla giustizia i colpevoli.Ma dalle modalità di fuga dei killer e dalle protezioni che hanno avuto sorge il dubbio che qualcuno possa aver guidato dall’alto l’ennesimo episodio della strategia della tensione".(Brani tratti dall’articolo di Cronaca Padana).La pista cremonese viene imboccata da Armando Spataro che nell’ottobre del 79 perquisisce le case di vari neofascisti ,tra cui Mario Spotti e arresta Luigi Ronda e Angelo Caleffi. Nell’abitazione di quest’ultimo la polizia trova due pistole 7,65 e una 38,oltre a materiale definito di propaganda. Ornella Rota sulle pagine della Stampa scrive:"Gli arresti di Ronda e Caleffi sono avvenuti casualmente nell’ambito dell’inchiesta,a loro carico infatti per il duplice assassinio non ci sono sospetti.Ma sembra che oltre alle armi,a casa di Spotti,Spataro abbia trovato documenti e in particolare una lettera inviata da un certo Mario Corsi.Si parlava di Fausto e Jaio precisando che l’arma era stata fatta scomparire,tutto a posto,puoi stare tranquillo".(La stampa del 26 ottobre 1979)Carmine Scotti offre la sua interpretazione dei fatti."Ronda e Caleffi non c’entravano con l’omicidio ma a Cremona era nato un sottogruppo che aveva contatti con i Nar.Se avessimo trovato l’arma,il killer sarebbe saltato fuori di lì a poco.Lavorai sodo ma se un omicidio non lo scopri nei primi quindici giorni è difficile trovare le prove.Mi accorsi che di tutte le rivendicazioni la più credibile era quella dell’Esercito Nazionale Rivoluzionario.Scappano verso il Centro Sociale Leoncavallo perché sanno che nessuno li può riconoscere.Uno di loro ha già sparato,è un professionista.Gli altri tentano l’emulazione,forse per loro è addirittura un battesimo di fuoco.Le motivazioni potevano essere molte.Bisognava vendicare Franco Anselmi,aiutare i fascisti milanesi in difficoltà,fare un piacere a qualcuno,colpire proprio dove le Brigate Rosse e i gruppi che le sostenevano erano più attivi,dimostrare che si era forti quanto quelli di sinistra.Ma c’è un fatto che accelera tutto.Bisognava cioè pareggiare i conti.Non ce l’avevano in specifico con Fausto e Jaio,forse loro erano gli anelli più deboli,quelli che al sabato andavano a casa della madre di Tinelli a mangiare,sempre alla stessa ora.La loro regolarità potrebbe aver indotto gli assassini ad agire".Un clamoroso depistaggio?Diversa risulta l’interpretazione di Umberto Gay e Fabio Poletti che nel loro dossier del marzo 1988 affermano che "tutto indirizza verso l’area dei Nar o,per meglio dire,di schegge parzialmente organizzate che possono circolare in quell’ambiente".Per i due giornalisti di Radio Popolare la distinzione va fatta."Dopo l’attacco armato e la tentata strage a Radio Città Futura si è aperta una profonda riflessione all’interno di quell’area della destra terroristica che porta a non puntare più allo scontro diretto con la sinistra,in particolare quella rivoluzionaria.Se tutto ciò è vero,l’omicidio del Leoncavallo non sarebbe stato motivabile politicamente per una realtà come quella dei Nar.Inoltre si sa che la componente milanese dei Nar(Cavallini ndr) aveva proprio nella zona Lambrate le proprie strutture logistiche e non sarebbe quindi il Casoretto la zona da colpire".Nel loro dossier non viene fatto il nome di uno dei possibili killer.Viene chiamato in codice Alfa."Bisogna attendere il luglio del 79 per avere in mano una pista precisa.Verso il 20 di quel mese si verifica a Roma una bestiale aggressione a colpi di cocci di bottiglia contro due giovani,Maria Florio e Antonio Mandrone,accusati di essere dei compagni.In ospedale,tra varie fotografie,Mandrone riconosce come uno degli aggressori un certo neofascista romano piuttosto noto e con alle spalle già varie denunce per fatti politici. A casa di Alfa vengono trovate delle fotografie di Fausto e Jaio e dei funerali dei due giovani e corrispondenza con Mario Spotti e altri fascisti di Cremona.Da quella aggressione sarà scagionato perchè altri camerati forniscono un alibi credibile".Gay e Poletti descrivono minuziosamente l’operato di Alfa."Ha sempre circolato intorno a giri importanti come il Fuan della Balduina e i Nar senza però essere accettato del tutto.Una persona,quindi,frustrata nelle sue ambizioni politiche desideroso di mettersi in luce in un certo ambiente.Nel corso degli anni ha accumulato altre nefandezze che lo hanno portato in carcere.E’ stato imputato di un omicidio bestiale(Ivo Zini,militante del Pci,ndr) e inseribile nella più bieca logica dell’anticomunismo viscerale.Condannato in primo grado,è stato assolto in appello.Alfa ha a Cremona dei parenti che va a trovare spesso,così qualche volta frequenta Milano per contatti con ambienti neofascisti cittadini. All’epoca Alfa ha 19 -20 anni,è alto circa 1 metro e 70,corporatura robusta.Nel marzo del 78,nei giorni a cavallo e durante il sequestro Moro,giungono varie segnalazioni sulla presenza di una squadra di neofascisti romani in trasferta a Milano e Cremona.Fra questi c’è sicuramente Alfa.Sarà a Cremona nei giorni seguenti il sequestro Moro,non verrà direttamente da Roma ma si fermerà prima a Milano .Spotti confermerà la circostanza .Alfa sarà nuovamente a Cremona nel settembre 78 e nel maggio 79 dove da una mano ai missini locali per la campagna elettorale.In questi rapporti si inserisce il sospetto che Alfa,Spotti e altri potessero coinvolti nel furto di materiale esplosivo in Lombardia".Fin qui c’è la descrizione. Nell’inchiesta di Gay e Poletti emerge un ipotetico quadro probatorio."Almeno tre neofascisti romani pentiti indicano in Alfa uno dei responsabili dell’omicidio di Fausto e Jaio.Uno tra questi sembra abbia testimoniato come Alfa gli avesse personalmente raccontato della propria partecipazione al massacro di via Mancinelli mentre si trovavano in carcere insieme e prima del pentimento del teste".Loris D’Ambrosio ricorda:"Alcuni di loro provenivano dal gruppo Mikis Mantekas che stava in Piazza Risorgimento. Erano anche accusati di rapine e detenzioni di armi,usavano spesso impermeabili bianchi,era un modo di vestirsi che piaceva tanto ad Alessandro Alibrandi.Nel corso del processo Nar 1 emerse un interrogatorio che parlava dell’omicidio di Fausto e Jaio.Era certamente un omicidio Nar anche se non c’erano allora elementi di prova schiaccianti a carico di qualcuno. Così mandammo le carte ai giudici di Milano.Alcune tracce indiziali le avevamo avute dal lavoro di Armando Spataro e Carmine Scotti.".Nella sentenza di primo grado della strage di Bologna c’è un accenno sui rapporti tra il gruppo Prati e la città di Milano."C’era uno scambio tra militanti della destra romana e quelli milanesi".Stefano Soderini,il 22 giugno 1988 racconta : "A Milano fu Brunello Tortora ad allacciare rapporti con soggetti politici fuoriusciti dal Msi per occuparsi del periodico Costruiamo l’azione. A Milano mi recai più volte in compagnia di Tortora,Marco Compare e Daniela Molinari. A questo ambiente milanese Tortora era giunto tramite Mario Corsi detto Marione e Marco Di Vittorio dei quali Tortora mi diceva responsabili dell’omicidio del militante del Pci Ivo Zini".

Nel marzo 1992 arriva la svolta con i tre avvisi di garanzia.Non sono la verità,neppure una sentenza di condanna ma per la prima volta qualcosa si muove per davvero.Luca Fazzo di Repubblica prova a spiegare il senso dell’inchiesta ."Tassello dopo tassello,interrogatorio dopo interrogatorio Salvini ha ricostruito lo scenario più credibile di quel delitto,che chiama in causa gli ambienti peggiori del neofascismo,ai Nuclei Armati Rivoluzionari e alla delinquenza comune".(La Repubblica del 17 marzo 1992).Viene accertata la presenza di un basista rimasto per il momento senza volto anche se la rosa dei personaggi si è ristretta a tre o quattro nomi. L’inchiesta acquisisce un riscontro importante:dai registri di un albergo nel centro di Milano emerge il nome dell’uomo che viene indicato come l’armiere del gruppo."C’è un nome-conclude Luca Fazzo-che nell’inchiesta è indagato per l’omicidio di Fausto e Jaio:è Mario Corsi,detto Alfa,militante dell’estrema destra romana".Lo stesso Corsi viene coinvolto nelle indagini per l’omicidio del giovane simpatizzante del Pci Ivo Zini,avvenuto il 28 settembre 1978,intorno alle 21,45.Due giovani a bordo di una vespa bianca passano davanti alla sezione comunista dell’Alberone,rallentano la marcia e quello che siede sul sedile posteriore,dopo essersi calato sul viso un passamontagna,esplode alcuni colpi di pistola contro tre ragazzi che stanno consultando la rubrica degli spettacoli sul numero de l’Unità. Zini cade fulminato da un colpo al cuore,l’amico Vincenzo Di Blasio rimane ferito.Sono i Nar a rivendicare l’agguato.Interrogati Cristiano Fioravanti e Patrizio Trochei dichiarano che a ucciderli furono Mario Corsi e Marco Di Vittorio.Il giudizio dell’ambiente è negativo.Duro quello di Giusva Fioravanti che sottolineava "la sostanziale povertà politica e organizzativa degli autori"


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