Liquida

Privatizzazione e giro d’affari sulla tossicodipendenza

by on Mar.23, 2005, under Articoli

Una comunità di recupero per tossicodipendenti dentro le mura del carcere. Appaltata all’organizzazione della comunità di San Patrignano, primo caso in Italia di privatizzazione di una struttura penitenziaria.
E' il primo caso di una comunità terapeutica che, anziché liberare il detenuto tossicodipendente dalla prigione, ce lo chiude dentro.La nuova comunità – carcere si trova a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Ad inaugurala sono arrivati lunedì mattina due ministri del governo Berlusconi, Roberto Castelli e Carlo Giovanardi. A dispetto delle critiche loro parlano di una struttura modello.
Anzi, il ministro della giustizia attacca a testa bassa chi parla di «scientifica disinformazione» creando «un clima di tensione sociale».
La Cgil parla di «un progetto ambiguo per le sue caratteristiche e per le sue finalità». Desta allarme, in particolare, il ruolo svolto dalla comunità di San Patrignano, sostenitrice di «un modello che istituzionalizza la vita del tossicodipendente, ma che spesso trova limiti e difficoltà insormontabili nel momento dell’effettivo reinserimento sociale della persona». Ma non solo.
La Cgil rileva un problema di trasparenza: «Chi paga San Patrignano? I bilanci del Ministero della Giustizia – annota il sindacato – sono da anni disastrosi per ciò che riguarda cure, riabilitazione e trattamento dei detenuti.
La Regione Emilia Romagna non ha condiviso il progetto. Allora San Patrignano ed i suoi sponsor come pensano di far fronte alle spese? Forse sfruttando la rendita del carcere-azienda? La tossicodipendenza può essere anche un buon affare?».
Per Castelli, ovviamente, non è vero niente. «Valuto molto positivamente l'attività della comunità di San Patrignano», premette. Però «non si è mai pensato che dovesse gestire la struttura di Castelfranco».
Tutto avverrà sotto la supervisione del Dap, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
Di diverso avviso Mauro Bulgarelli dei Verdi. La situazione, spiega, è chiarissima: «Grazie alle pressioni di potenti lobby e alla volontà di alcuni politici come Gianfranco Fini, il nostro paese sta trasformandosi silenziosamente in un laboratorio della repressione privatizzata dove gli immigrati, i tossici ma anche i giovanissimi su cui pesano reati da riformatorio, divengono un business per organizzazioni che riescono a convogliare grandi risorse, pubbliche e private».
Critico anche Leo Beneduci, segretario generale dell'Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria: «È un progetto pubblicitario e di natura politica, i cui effetti negativi non potranno che ricadere sulla polizia penitenziaria».
Mentre Castelli e Giovanardi inauguravano la nuova struttura, fuori dal carcere è andata in scena la protesta del Coordinamento contro il carcere di Castelfranco che raggruppa Rete Lilliput, Rdb-Cub, giovani comunisti, Rifondazione Comunista, Cgil, Verdi, Attac, Giuristi democratici e il Social forum di Modena, oltre a Rete Libera e anarchici.
La scelta di gruppo di disobbedienti di occupare la via Emilia (bloccata per due ore), ha spinto i militanti della Cgil a ripiegare le bandiere e andarsene: «Così non possiamo spiegare le nostre ragioni». Su uno striscione esposto dai manifestanti si leggeva: «Un carcere per tossicodipendenti, due Cpt, basta lager in Emilia-Romagna».
A Roma, intanto, un altro gruppetto di no global, una quarantina in tutto, ha occupato gli uffici della direzione nazionale antimafia.

Fonte: l'Unita


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