Liquida

Telecom – Attentato alla democrazia

by on Set.21, 2006, under Articoli

All'ombra della più grande azienda italiana, la Telecom, è cresciuta per anni una centrale di spionaggio illegale che non ha precedenti nella storia del nostro Paese. Giuliano Tavaroli, l'ex capo della Security di Pirelli e Telecom arrestato ieri con altre 20 persone, aveva ai suoi ordini un esercito aziendale di 500 dipendenti, ma soprattutto era al centro di un network fuorilegge che secondo i magistrati formava "una vera e propria ragnatela parallela" in grado di usare "tutti i mezzi concretamente esistenti sul mercato" per raccogliere "qualsiasi tipo di informazione", violando "i principi costituzionali fondanti di questo Paese".

Gli spiati sono soprattutto imprenditori e finanzieri (Benetton, De Benedetti, Della Valle, Geronzi, Tanzi), ma i file illegali sono più di centomila. Lo spionaggio avveniva attraverso la sicurezza Telecom, le agenzie d'investigazione privata di Emanuele Cipriani, longa manus di Tavaroli, le intercettazioni abusive, l'uso dei tabulati telefonici, l'abuso sulle intercettazioni legali della magistratura, che fino a qualche tempo fa avvenivano attraverso il "Centro nazionale autorità giudiziaria" controllato proprio da Tavaroli. In più, con la corruzione si compravano notizie riservate sulle banche dati del ministero degli Interni, dell'Economia, della Giustizia, "nonché informazioni e atti svolti da agenti e pubblici ufficiali dei servizi segreti italiani e stranieri".

Una colossale banca privata – e ovviamente fuorilegge – di informazioni riservate e illegali, coltivata e nascosta nel cuore della modernità d'impresa, tra i telefonini e le fibre ottiche. Con un legame diretto con il Sismi non soltanto sul terreno operativo, ma anche nel vertice, visto che l'ordinanza del Gip parla di "rapporti pericolosi" con i servizi segreti e in particolare con l'ex numero due del Sismi Marco Mancini, fino all'istituzione di un canale segretissimo "per le informazioni più delicate e riservate", sul quale operava proprio Mancini, in connessione con Tavaroli e Cipriani: un terzetto che nell'ordinanza un teste chiave definisce "la banda Bassotti".

Questa enorme massa di informazioni illegali e di dati riservati era commissionata "per la stragrande maggioranza" da uomini Telecom e Pirelli "e pagata con denaro di tali società". Non solo. L'attività di Tavaroli non era soggetta a controllo alcuno "se non a livello di vertici aziendali". Gli atti criminali avevano "come destinatario, come soggetto interessato" qualcuno "posto al di sopra di Tavaroli", che le utilizzava "a propri fini". Questo è il quadro di un sistema illegale che attenta, per le sue dimensioni e le sue ramificazioni, alla democrazia sostanziale del nostro Paese. Quando "Repubblica" lo ha svelato, con l'inchiesta di Giuseppe D'Avanzo e Carlo Bonini, il vertice Telecom ha parlato di "attacchi esterni per indebolire l'azienda". Oggi è chiaro invece che l'azienda è minata al cuore da questo scandalo, non dal suo disvelamento giornalistico. I vertici, o gli ex vertici, dovrebbero dire tutto ciò che sanno, aiutando la democrazia, e non solo la magistratura, a estirpare questo cancro: che – attenzione – è ancora pericoloso.

21 Settembre 2006

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