Liquida

IL BIANCO E IL NERO

by on Mar.02, 2006, under Milano e dintorni

La città è deserta,svuotata dalle macchine e dal rumore. Così ognuno rimane solo con se stesso .Solo l'allarme di qualche antifurto di auto,spezza il silenzio.Molti anni sono passati da quel 18 marzo 1978 e sembra sia trascorso un attimo.Come un lampo si ricompone il filo della memoria,quella di chi intende ricordare quei momenti,la strada,le piazze,i bar,i campetti assolati dove si gioca a pallone.Il tempo viene scandito da quella campana,forte,che suona puntualmente tre minuti prima e tre minuti dopo l'ora prestabilita.La stessa che forse,di sfuggita,hanno sentito Fausto e Jaio prima di morire.Via Mancinelli è uguale ad allora.Di giorno è vuota:si scruta da lontano solo qualche anziana signora con il suo cane e macchine che corrono via veloci.Il cancello è oggi pitturato di marrone.Nel luogo dove Fausto e Jaio trovano la morte ci sono fiori finti e tracce di petali secchi.Resiste alle inteperie e alle ingiurie del tempo una lapide:"ai compagni Iaio Iannucci,Fausto Tinelli,uccisi dai fascisti".Lo spazzino di quel quartiere ricorda il giorno dei funerali."Scriva che piansi tanto e che oggi,se passo di qui,mi viene la pelle d'oca.Ma io,quei fiori che portava la gente,non volli buttarli via.Sa noi spazziamo via tutto ma non possiamo cancellare i sogni ,lo scriva".I muri sono tutti dipinti a spray e la vernice si spreca. Lì,in mezzo a tanta confusione,qualcuno ha scritto una frase d'effetto."Costruiamo un segreto rancore che ha l'odore del sangue rappreso ciò che allora chiamammo dolore è soltanto un discorso sospeso".Proprio davanti al cancello vive il murales che i ragazzi del Liceo Artistico di via Hajeck disegnarono.Il muro è screpolato,il colore cade poco alla volta ma il senso di quel lavoro c'è tutto.Si vedono Fausto e Iaio nel mirino di un fucile ad alta precisione:sullo sfondo incombono sinistre ciminiere in una nera Milano e case di periferia sotto cieli grigi.Il muro avvolge la via,quello che costeggia il deposito dell'Atm di via Teodosio;i lampioni sono quelli di un tempo,di metallo,sporchi e incrostati ,in perenne movimento ad ogni accenno di vento;i pali in cemento affiancano quelli in ferro,verdi,arrugginiti.Sul marciapiede rimangono tracce di vernice rossa e bianca,segni degli anni.Nel punto dove cade Lorenzo Iannucci ora c'è un contenitore del vetro .Lì all'angolo c'è sempre l'edicola.Il quartiere non è granché diverso da quel marzo 1978 .Certo,qualche negozio non c'è più,la lavanderia è stata sostituita da un 'autofficina,la trattoria che Fausto e Iaio frequentavano ogni sera ora è un ristorante cinese,al posto di una palazzina c'è il nuovo edificio del Politecnico .La fisionomia del Casoretto è intatta tranne che per una cosa:quel centro sociale che un gruppo di giovani occupa nel 1975 viene divelto dalle ruspe.In quel vecchio fabbricone occupato , Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci trovano il senso della loro adolescenza,di quei diciotto anni che gli stanno addosso.Tra calcinacci,scalette,vecchie sedie da cinema parrocchiale,conoscono decine di ragazzi come loro spinti da un solo desiderio:cambiare quello che li circonda,ribellarsi all'oppressione di una città ,mostrare al mondo quel rifiuto,quel graffio al sistema.Al centro arrivano i primi gruppi teatrali come l'Elfo di Elio De Capitani e Gabriele Salvatores,tanti musicisti:Fabio Treves,Pfm,Mauro Pagani,Riccardo Zappa,Edoardo Bennato,gli Area.Si fa cultura,musica a non finire.Un vecchio trasmettitore permette di far ascoltare ad una parte consistente della città le note di Radio Specchio Rosso, che sta in un vecchio bugigattolo sul tetto del centro.Qualcuno organizza ,nell'ampio cortile, un'autorimessa .La notizia si sparge rapida e gli abitanti del Casoretto approffittano dei prezzi a buon mercato per portarci veicoli di ogni tipo. I bisogni aumentano e con loro anche il desiderio di sentirsi vicini ad altre persone con idee identiche alle tue.Negli anni Settanta il Centro è il ritrovo di quella sinistra un po’ "out" che cerca riparo dal sonno in cui versa Milano.E' un luogo di musica e di divertimento.Si sale la scala interna e sopra c'e' il bar con i tavolini :stanno lì per ore a raccontarsi di vita e di politica,di viaggi e di passioni.Fausto e Iaio sono con gli altri. Paolo Rossi,comico ormai passato dal teatro alla televisione, ricorda ciò che prova oggi quando pensa ai due ragazzini di via Mancinelli.Lo racconta " a braccio" ad Alberto Ibba nel suo libro "Leoncavallo-1975-1995 venti anni di storia autogestita."Il primo ricordo che ho del Leoncavallo è legato al lutto,al fatto grave.E' la prima immagine che ho,probabilmente c'ero passato anche prima ma questa è la prima immagine che mi rimane.Ho come dei quadri davanti agli occhi.Mi ricordo che era notte inoltrata quando da Porta Venezia è arrivato un corteo livido. Immagini,flash.Quel fatto aveva segnato tutti e per sempre.La cosa che mi ha sempre fatto piacere tutte le volte che ho partecipato a dibattiti sul Leoncavallo è che a un certo punto qualcuno si alzava e ricordava che tutto quello che era accaduto dopo,al di là dei giudizi sui comportamenti,era nato soprattutto da un lutto".

Il giro nel Casoretto continua con Azzurra e Lucia,ragazze del 96; guardano quella lapide ,i fiori,la vernice sul muro e si ammutoliscono,si rinchiudono in uno strano silenzio.Forse è tempo di parlare."Quando penso a gli anni Settanta -dice Azzurra-mi vengono in mente quelle immagini che ogni tanto la televisione ripropone.Erano anni inquieti,per chi era giovane la vita era difficile,sfuggente,si moriva per poco o nulla.Non so se le cose sono cambiate.La violenza di un tempo è diminuita.Si sfogano allo stadio.Avrei voluto viverli quegli anni Settanta,mi avrebbero fatto crescere in un modo diverso.Potevo vivere la storia anziché subirla passivamente.Oggi è diverso da allora,i giovani non sono interessati a cambiare il mondo.Si imbottiscono di televisione,di calcio e sport in genere,le moto".Lucia è più piccola di Azzurra.Blocca il discorso mentre camminiamo verso il Parco Lambro."Un tempo ci sono stati cambiamenti reali,trasformazioni che solo oggi possiamo apprezzare ma si trattava solo di qualcosa di esteriore. I meccanismi del potere erano più forti delle speranze dei giovani.Guarda cosa è accaduto a Milano con l'eroina.Ho letto che proprio sul finire degli anni Settanta ne morivano di ragazzi come mosche.Era un modo per toglierli di mezzo,annullando le loro capacità di critica e di impegno politico.Oggi penso che ci siano meno ragazzi che si fanno di ero.Non so,forse bisognerebbe vedere le statistiche ma tra i miei coetanei sono veramente pochi.Molti fumano spinelli ma è un'altra cosa,l'eroina ti ammazza per davvero e ti uccide prima dentro."Le due ragazze avranno la stessa età che avevano di Fausto e Jaio.Poco sanno dell'omicidio,dei mille misteri che lo circondano ma qualcuno le ha informate su ciò che accadeva a Milano negli anni Settanta ."Non siete riusciti a cambiare le persone-dice Azzurra- Dovevate partire da lì,dagli egoismi ,dalle piccole rivalse,dalle vendette,dai rimorsi. C'erano troppi idealismi,le tensioni erano grandi così come le utopie,c'era una rabbia atavica,un odio profondo. Dall'altro avranno anche manovrato ma alla base c'era e c'è tutt'oggi un esistenza sostanzialmente infelice,nessuno sbocco per il futuro,città sempre più chiuse,valori inesistenti".Lucia vuole fare qualche precisazione."Oggi come allora si fa di tutto per impedire che i giovani pensino a cambiare la società,ad interessarsi di politica così sono pochi,pochissimi quelli che si mettono a lottare per davvero per rivendicare i propri diritti.Io ho aperto gli occhi dopo le stragi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino .Dapprima mi sono indignata ma poi ho capito che non bastava,che non si poteva stare soli nelle proprie case,tra le certezze della famiglia ."Azzurra si ferma davanti al murale posto davanti al cancello marrone.E' il luogo dove Fausto e Jaio trovano la morte.Rimane allibita e scuote la testa."Non comprendo la violenza.Quando viene ucciso un ragazzo di diciotto anni ti chiedi se fossi stata io al suo posto,se fosse toccato proprio a me o a un mio carissimo amico.Non capisco come si possa uccidere in quel modo,senza pietà,cosa spinge gli assassini a non parlare dopo così tanti anni.Io sarei disponibile a morire per le mie idee.Loro magari non sono stati uccisi per quello che facevano ma per ciò che rappresentavano".Il colloquio con Azzurra e Lucia finisce qui.Oggi il centro Sociale Leoncavallo si è trasferito in via Watteau dopo essere stato sloggiato in malo modo dalla sua sede originaria ed essere stato parcheggiato in via Salomone per soli pochi mesi.E' diventato lo spauracchio della gente bene di Milano e della nuova destra che non comprende i problemi dei ragazzi nei quartieri.Chi va al centro,al di là dei più politicizzati,è gente strappata dai bar delle periferie.Sono mossi per lo più da una grande voglia di stare insieme.Al di là dei cenni violenti condannabili,il centro è un punto di riferimento per chi si è accorto di quanta infelicità si respira nelle case,nei bar,nei luoghi di lavoro. Lo spazio è ampio e la progettualità non manca:musica dal vivo,bar che servono in continuazione ottima birra fredda,cinema,arte in genere e "politica antagonista",la chiamano loro.Una sorta di città nella città dove tutto,anche i ricordi sembrano resistere al tempo.Mi avvicino a un ragazzino che avrà diciannove anni."Non ti preoccupare,non sono un poliziotto"-gli dico.Lui mi scruta dall'alto verso il basso."Cosa vuoi sapere allora?-dice."Sai,è per un libro su Fausto e Jaio".Si tranquillizza."Siediti vuoi una birra?".Ci si scioglie,così il discorso può iniziare."Ne ho sentito parlare molte volte.Erano due ragazzi che sono stati ammazzati dai fascisti ma dei killers non se ne è mai saputo niente.Penso che erano due come me,magari erano tempi diversi,c'era più violenza ma la rabbia è identica.Saranno cambiati gli obiettivi.Persone che avranno la tua età mi raccontavano che non si poteva andare in giro vestiti così,che si rischiava di morire ad ogni angolo della strada.I fascisti non scherzavano.Ora il pericolo è meno fisico nel senso che non c'è più lo squadrista con il coltello. I naziskins sono un fenomeno ridotto rispetto alla quantità di neofascisti armati che giravano impuniti.Quando penso a Fausto e Jaio non riesco a immaginare fino in fondo cosa stessero pensando poco prima di morire,quali erano i sogni di allora,se poi sono così diversi da quelli di oggi.Il desiderio di vendetta è ancora molto forte ma non so se la violenza è l'arma più efficace".Franco ha diciotto anni, è un frequentatore abituale del centro ma non fa parte del gruppo che tiene aperte le attività,ludiche e politiche."Di Fausto e Jaio ho sentito molte storie.So che con altri stavano preparando un libro bianco contro l'eroina e i fascisti che volevano spartirsi il mercato,li hanno uccisi per mera rappresaglia.E' una vicenda degli anni Settanta,non so se si può ripetere anche oggi.Di certo chi lotta per le proprie idee è il primo esposto alle violenze del potere.Dicono che il passato,di solito,non ritorna ma forse è meglio vigilare,non si sa mai che la realtà possa superare l'immaginazione".Alberto Ibba è un giovane scrittore.Conosce la storia di quel centro perché ha deciso di raccontarla in un libro."Il centro è diventato un punto di riferimento per quanti hanno voluto continuare il lavoro di inchieste e controinformazione sulla morte dei due ragazzi.Loro almeno hanno avuto il merito di ricordarli,ogni giorno,nella vita di tutti i giorni,davanti ai tribunali,negli uffici dei giudici.Sono rimasto stupito che dopo la morte di Fausto e Jaio non si siano continuate le inchieste che avevano contraddistinto il 79 e l'80.Forse il vuoto ha cancellato la memoria.Si poteva insistere sulla strada dell'eversione nera ma ci si è concentrati sulle dinamiche della città,lo spaccio dell'eroina.Non si è dato peso ad elementi che già all'inizio potevano essere riconoscibili.Già con le prime rivendicazioni si poteva capire molto di quel delitto. Perché certi approfondimenti non sono stati fatti.?

Al Casoretto c'è ancora chi non dimentica quel 18 marzo 1978e se si fanno domande su Fausto e Jaio nel Casoretto,il discorso è ancora vivo."Mi ricordo di Lorenzo- dice una donna che abita non troppo lontano da Piazza San Materno- Rideva sempre,contento,felice,con quegli occhi da bonaccione e i capelli al vento.Quando parlo di lui mi viene in mente la sua sincerità.Per molto tempo ho pensato a quello che è successo quella sera,ai funerali.Era un figlio di questo quartiere".Nei bar si continua a giocare a carte,a biliardo."Veniva sempre qui a comprare le sigarette-ricorda il tabaccaio- Jaio aveva una parola per tutti,magari faceva una partita a flipper e poi se ne andava".L'oratorio è rimasto più o meno lo stesso.Di pomeriggio si sentono le urla dei ragazzini che giocano a pallone.Partite interminabili che iniziano secondo regole ancora inventate sul momento. C'è l'out,il corner,l'area di rigore ma il portiere è volante per davvero,nel senso che può andare dove vuole e i falli sono cattivi. C'è anche chi si veste come i campioni:Mazzola e Rivera sono stati sostituiti da altri.Al primo goal la scacchiera,chiamamola così,si scompone,i pezzi si mescolano.Fausto e Jaio frequentano quell'oratorio fin poco prima di morire.Il sacrestano li ricorda."Impossibile dimenticare cosa accadde in quel marzo.Non frequentavano assiduamente l'oratorio ma il fatto che ogni tanto venivano qui ha reso tutto più duro.Erano ragazzini,con i loro sogni,le speranze,gli amori.Magari con la religione avevano ben poco a che spartire,però ragionavano,anche di politica e le fratture erano meno evidenti".Giovani del Casoretto,tengono viva la memoria di Fausto e Jaio.Lo fanno con un libretto di una ventina di pagine che raccoglie poesie,scritti ,foglietti,disegni."Dimenticarli sarebbe come ucciderli un'altra volta"-scrivono nell'introduzione-"Non erano dei leader e non amavano l'uso della violenza,eppure sono stati uccisi,forse il loro lavoro sullo spaccio aveva dato troppo fastidio o invece uccidendo due ragazzi come tanti altri che si occupavano di politica si voleva innescare qualche cosa di più oscuro".C'è un filo sottile che lega i comportamenti di chi è stato colpito dal terrorismo,chi ha avuto un figlio trucidato da otto colpi di pistola,martoriato da una bomba in una stazione,scaraventato a cento metri di distanza dalla violenza di un ordigno in una piazza,caduto da ottomila metri di altezza da un aereo bombardato da un missile,ucciso dentro una galleria ferroviaria mentre tornava a casa dai suoi genitori. C'è la speranza che un giorno si faccia giustizia per davvero.E' così per Danila Tinelli e Iaia Iannucci che aspettano la fine di un'inchiesta .E' così per Torquato Secci,segretario dell'Associazione Nazionale vittime delle stragi.Intervistato da Sergio Zavoli nel programma La Notte della Repubblica,Secci dirà:"La lunghezza delle indagini e degli iter giudiziari pesò ulteriormente e in modo decisivo sul mio dolore.Perchè era una tensione continua,che non trovava nessuna giustificazione.Noi eravamo convinti dei depistaggi che si verificavano e non accettavamo l'indifferenza con la quale questi depistaggi proseguivano portando i tempi a lunghezze eccessive.Mio figlio era di passaggio a Bologna,si era laureato al Dams.Era stato molto bravo,il professore lo temeva in grande considerazione.Stava guardandosi intorno per iniziare una propria attività e quel mattino doveva andare a Bolzano.Il treno sul quale viaggiava arrivò in ritardo,veniva da Viareggio.Dovette aspettare un altro treno che partiva dopo le 10,25,quello della strage di Bologna.Ma non è morto subito,è morto il 7 agosto dopo una penosissima trafila nella quale,tra cure e il resto,gli avevano tagliato la gamba destra.Era bruciato completamente,era bruciato anche un polmone.La sua agonia è stata terribile".Manlio Milani si è sempre battuto come un leone perché venisse a galla in tutta la sua drammaticità la verità su quella bomba messa dalla mano fascista in Piazza della Loggia,il 28 maggio 1974.La fotografia lo ritrae in mezzo alla piazza,in lacrime,stringendo un pezzo di bandiera rossa,quella del suo sindacato.Poi si è guardato intorno e ha giurato che avrebbe passato tutta la vita cercando quel filo di speranza che lo lega affettivamente agli altri."Non ho mai perso la speranza che un giorno si potesse far luce fino in fondo sui mandanti di questa e di altre stragi,se c'era una regia occulta comune.Per quegli otto morti e 94 feriti si è arrivati ad un centimetro dalla verità.Si tratta senza dubbio,di una strage di Stato"(tratto da una mia intervista per Italia Radio,durante la diretta sull'anniversario di Piazza Fontana,12 dicembre 1994).Daria Bonfietti è sorella di Alberto,uno dei passeggeri del Dc 9 Itavia,"scomparso " nel mare vicino a Ustica il 27 giugno 1980.La vita e il suo corso l'ha cambiata ma lei non si è persa d'animo.E' andata avanti e qualche risultato lo ha portato a casa."Il bisogno di verità e giustizia è più forte del dolore personale e privato.Ti porta ad agire concretamente,ad impegnarti,ad unirti con altri che sono nella stessa barca perché non vuoi sentirti complice dei silenzi.Nella vicenda di Ustica non ci sono più misteri.Penso che se intervisti cento persone in Italia ti diranno che quell'aereo è stato abbattuto per una logica di tipo militare.E' già un successo. A Danila Tinelli e Iaia Iannucci dico di continuare a cercare la verità,prima o poi arriverà,io sarò al loro fianco in tutte le loro battaglie".Dario Brutto era il fratello di Mauro,giornalista dell'Unità che ha seguito il caso di Fausto e Jaio.Prima di morire diceva:"Non mi arrendo.Voglio la verità su Mauro.Non fu un incidente; quella Simca 1100 scagliata a 70 chilometri orari che lo investì,il 25 novembre 1978 lo voleva uccidere.

Danila Angeli,in Tinelli, la madre di Fausto, non abita più in via Montenevoso 9 al primo piano. L’archiviazione non le ha fatto abbassare la testa. Quella verità lei la cerca ogni giorno,nello sguardo di un ragazzo,nella rabbia della vita. Ma mai nella solitudine.Nei giorni in cui si è messa la parola fine all’inchiesta su Fausto e Jaio,il nostro rapporto si è consolidato. Anche quello di tante persone che le hanno telefonato,per starle vicini,per non dimenticare quelle lunghe discussioni con Fausto,sulla vita e sulle cose,racchiuse in qualcosa che andava al di là di quello che si può instaurare tra madre e figlio.Anche se vive da un’altra parte,ogni volta che squilla un campanello fa una faccia come se sperasse che da un momento all'altro possano ritornare quei due ragazzi,in quella casa."Venivano sempre qui,si sedevano in quelle due sedie,intorno al tavolo,ridevano,scherzavano.Io preparavo da mangiare,il risotto che gli piaceva tanto".In casa c'è una gran confusione.Ma è la bontà degli occhi di Danila che colpisce.Mi accoglie come un amico.Suono il campanello,sono in ritardo,mi scuso.E intanto i cagnolini che ci sono lì attorno abbaiono per qualche minuto."Siediti,vuoi qualcosa da bere?"-mi dice Danila-"Fai come fossi a casa tua".E inizia a tirare fuori quel pezzo della sua memoria che sta racchiusa in alcune cartellette dove tiene custodite gelosamente "le cose di Fausto".Sono fogliettini scritti a mano,lettere d'amore,amiche che scrivono alla madre.Resistono al tempo i disegni che Fausto realizzava in casa.Sono schizzi,bozzetti,studi.

Due ragazzi che si abbracciano,un ritratto di Mikhail Bakunin,il simbolo degli anarchici,Che Guevara.Lei rimane lì,seduta sulla sedia,con gli occhiali che per la terza volta si sono rotti,i soldi che non sono mai abbastanza,la vita che costa cara. .Gira per la casa,da una stanza all'altra."Quel processo è un'utopia perché in tanti anni le speranze se ne sono andate.Penso che la parola giustizia debba essere cancellata dal vocabolario,il processo non si è mai aperto,siamo rimasti sempre alle indagini.Questo mi ha amareggiato molto e mi è rimasta poca fiducia negli organi istituzionali.E' stato fatto un funerale di Stato,dopo di che siamo stati abbandonati,come del resto molte vittime del terrorismo.Perchè esistono vittime di serie A e di serie C.I nostri sono di serie C".Danila vuole farmi leggere qualcosa di importante.Sono le cinque lettere ricevute da Francesca Mambro dopo che le aveva chiesto verità e giustizia sulla morte di Fausto."Chiedevo risposte precise ma sono arrivate delle lettere sconcertanti,dolci.Ma nessuna verità".Le ha scritto con la passione di una madre che cerca giustizia per la morte di un figlio."L'ho vista l'altro ieri in televisione.Mi sono subito interessata al suo viso,il suo comportamento,si vedeva che era diversa da altri terroristi.Si mordicchiava le labbra e si tirava su i capelli. Così mi è venuto in mente di scriverle.Ho pensato che lei sia finita dentro in questa storia un po’ per caso.Mi sembrava una bambina smarrita,che aveva perso la sua vita.Non scrivo a lei per sapere esattamente chi ha ammazzato Fausto e Jaio.Tanto lo sanno già tutti,conosciamo mandanti ed esecutori".Poche parole,scritte di getto.Danila è disperata ma trova la lucidità .In una missiva del 1 luglio 1991 Francesca Mambro scrive:"Al di là di ogni intuizione avrebbe appreso che anch'io sto cercando di capire chi ha ucciso i miei amici.Negli anni in cui a Milano è morto suo figlio,a Roma ci hanno ucciso Recchioni,Bigonzetti,Ciavatta,Di Nella,Pistolesi,Mancia,Cecchin.Nessuno ha mai indagato seriamente.Nessun pentito ha parlato e raccontato come si sono svolti realmente i fatti.Io non so chi ha ucciso suo figlio,se è stato un fascista.Non lo troverei strano a quei tempi si sparava sempre a casaccio da entrambe le due barricate.Non provenivano certamente dal nostro giro.Noi queste cose le abbiamo fatte e infatti stiamo pagando perché siamo stati i primi a voler affrontare il peso di certi morti che non interessano a nessuno.Capisco che lei non si dia pace anche grazie al disinteresse che la circonda. Neanche io mi rassegno .Per me è facile immaginare che suo figlio si sia inoltrato in una specie di paradiso e lì abbia fatto conoscenza con i miei amici e da lì cercano di capire chi gli ha dato questa fregatura,dove sta il trucco e l'imbroglio.La invito a continuare a cercare".Di lettere e bigliettini come questi la casa di Danila è piena.Ce n'è uno verdolino, scritto con la penna blu.Porta la firma di Francesca Mambro,il 2 aprile 1992."Gentile,signora,anch'io la ricordo anche se non conosco il suo volto e spero di trovarla meglio dell'ultima cartolina che ho ricevuto.Lo so,meglio non significa proprio nulla anche se poi continuiamo tenacemente a cercare significati e risposte.Per me non è un periodo facile,dovrò tornare a Bologna per un nuovo processo.Ma come lei pensa che la giustizia non esiste anche se non vogliamo arrenderci a questa amara evidenza".Ne arriva un'altra.E' una lettera che la Mambro scrive a Danila preoccupata per la sua salute."Come sta?Ho saputo che non se la passa bene,ha il diabete.Si curi,si riposi.La abbraccio.Io sono triste.

Sa,non c'entro niente con la strage di Bologna,assolutamente nulla.Sono costretta a subire un processo per cose che non abbiamo fatto.Anche Giusva la saluta.A presto".Danila Tinelli e Francesca Mambro si scrivono tre o quattro volte negli utlimi anni.

Intorno i cani continuano ad abbaiare,sono piccoli,non fanno niente.Squilla il campanello della porta di casa.Prima entra il marito,poi Bruno il suo unico figlio ."Fausto lo teneva a bada per ore e ore,gli voleva un gran bene"-dice Danila."Ha vissuto un'infanzia terribile,è cresciuto come un bambino già adulto.Pensa che quando era piccolo disegnava sempre lo stesso soggetto:persone dietro alle sbarre,un morto a terra e le pistole."Me ne vado che è già scuro.Danila,sulla porta,mi offre una bottiglia di vino bianco."E' del Sud,è buono,bevilo con chi vuoi,con chi ti appartiene".La porta si chiude.Mi scende una lacrima.Penso alla vita che è costretta a fare.Come quella delle famiglie delle vittime del terrorismo.Lo Stato le avrà protette economicamente?Qualcuno si sarà occupato di loro,dei loro problemi?Ognuno è rimasto solo con sé stesso,senza risposte.Per tutta la vita si sono aggrappati a quel sottile filo di speranza che è la giustizia,un processo,un atto di un Tribunale.Come quel foglio che porta la firma del giudice istruttore Guido Salvini.Danila ha bisogno di quel pezzo di carta,le potrebbe cambiare la vita."Con riferimento alla nota indicata,si comunica che il procedimento penale n.271/80 F,concernente l'omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo "Iaio"Iannucci avvenuto a Milano il 18.3.1978 è tuttora in fase di istruzione formale presso questa sezione.Sulla base delle indagini esperite,il duplice omicidio deve ritenersi caratterizzato da una matrice eversiva.Infatti il delitto fu rivendicato da un volantino a firma "Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata Combattente Franco Anselmi(l'Anselmi era un esponente del gruppo Nar di Roma,ucciso durante una rapina di autofinanziamento) e numerosi pentiti già aderenti a gruppi di estrema destra hanno indicato nell'ambiente romano dei Nar il contesto in cui fu preparato l'attentato.Il modus operandi degli sparatori(esecuzione a sangue freddo delle due vittime mentre esse si trovavano nei pressi di un centro sociale di sinistra,giovane età degli sparatori,abbigliamento,utilizzo di un sacchetto di plastica per raccogliere i bossoli e non consentire una perizia comparativa con altri episodi analoghi) riporta inequivocabilmente ad una matrice eversiva di destra.Attualmente,tre esponenti romani dell'area dei Nar sono indiziati e il provvedimento conclusivo dell'istruttoria sarà depositato nel corso del prossimo autunno".Danila mi ha messo in tasca una lettera che le ha scritto un'amica di Fausto,Antonella.Dona un momento di vita e ricordo incontaminato."Cara Danila,si avvicina il 18 marzo e quest'anno ho deciso di scriverti invece che telefonarti.Gli anni passano e questa data si fa sempre più pesante:non c'è ancora stata una risposta,un perchè.Vedi,ho fatto in tempo a diventare grande,a diventare mamma;ho già qualche capello bianco e certo non ho più lo slancio dei 20 anni e in tutti questi anni ho portato nel cuore Fausto e questa maledetta data,senza trovare giustizia e senza rassegnazione ma con una disperazione sottile,profonda,lacerante.Così posso capire te,il tuo dolore e ti ammiro per la tua forza.Andrò là in via Mancinelli anche quest'anno a portare un fiore,un pensiero,una lacrima.Non mancherò mai a questo incontro anche se nessuno ci dirà mai perchè.Cosa dici,si può sperare nella soluzione di questo caso?Vorrei tanto.Ricordati Danila:Fausto è sempre nel mio cuore e questo me lo fa sentire più vicino.Ho imparato a volerti bene,ti penso spesso,sei molto di più che un'amica,Ti abbraccio forte,forte con tutto l'affetto. Antonella,marzo 94".Di lettere come queste la casa di Danila è piena.Nonostante l’archiviazione.

 


Comments are closed.

Looking for something?

Use the form below to search the site:

Still not finding what you're looking for? Drop a comment on a post or contact us so we can take care of it!