Liquida

Intervista del soldato Usa Mario Lozano che sparò a Calipari

by on Apr.09, 2007, under Articoli

Mario Lozano, il soldato scelto dell’esercito Usa che uccise Nicola Calipari, ha parlato per la prima volta con la stampa in un’appassionata autodifesa. Il giovane militare ha affermato di aver rispettato le regole e di essere stato costretto a sparare la notte del 4 marzo 2005, quando aprì il fuoco contro la macchina di Giuliana Sgrena e del funzionario del Sismi.

In un’intervista esclusiva al tabloid conservatore New York Post, il giovane soldato ha raccontato la sua versione dei fatti puntando il dito contro l’inviata del Manifesto e Calipari. Lozano ha spiegato che "chiunque si trovi a 100 metri (da un posto di blocco, ndr) è gia nella zona di pericolo e tu devi fare di tutto per eliminarlo". "Se esiti – ha sottolineato – puoi tornate a casa in una bara e io non volevo tornare a casa in una bara. Ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque nella mia posizione".

Il Post ha pubblicato in prima pagina l’intervista con la foto di Lozano ancora in divisa e il titolo a caratteri cubitali "Sotto fuoco", in coincidenza con la ripresa la settimana prossima del processo in contumacia in Italia del soldato Usa.

Il tabloid di proprietà di Rupert Murdoch confondendo le regole dell’ordinamento giuridico americano, in cui la magistratura risponde gerarchicamente al ministero della Giustizia e il nostro Paese dove i giudici assumono le loro decisioni in totale indipendenza dall’esecutivo, ha denunciato che "il governo italiano ha deciso di compiere il passo inusuale di incriminare Lozano di ‘omicidio politico’".      

Lozano, che è stato scagionato da un’inchiesta interna dell’esercito Usa, ha ribadito di aver fatto tutto quanto previsto dal regolamento e di non aver avuto scelta. Ha accesso il faro di ordinanza dell’Humvee – una mossa dopo la quale "ogni iracheno inchioda i freni", ha osservato – e solo dopo ha aperto il fuoco, prima davanti al veicolo e in un secondo momento contro il motore dell’auto", scrive il Post. Il giovane soldato e il padre, Mario sr., accusano "la Sgrena, corrispondente del giornale comunista Il Manifesto, per il loro incubo", scrive il tabloid.

In particolare viene rimproverato alla giornalista di non aver comunicato la sua posizione all’esercito americano e di aver poi "sollevato un poverone" sul caso. Il "New York Post" sottolinea nel pezzo che la "Sgrena era stata recentemente a New York per promuovere il suo libro ‘Fuoco amico: la significativa storia di una giornalista rapita in Iraq, salvata da un agente dei servizi segreti italiani, e colpita dal fuoco delle forze Usa’". "Sono sicuro che la sua vita non e’ come la mia", afferma un ‘amareggiato’ Lozano. "Lei – prosegue il giovane militare – sta guadagnando denaro. Lei è famosa. Mentre io debbo convivere con il fatto che un tizio (Calipari, ndr) è stato ucciso perché non ha rispettato gli ordini e io sono stato quello che ha premuto il grilletto".

La giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena ha replicato sul New York Post a dichiarazioni del suo feritore Mario Lozano di "essersi arricchita e essere
diventata famosa" grazie alla vicenda che li ha coinvolti il 4 marzo 2005 sull’autostrada per l’aeroporto di Baghdad. 
  
"Non ci sto guadagnando. Sto solo raccontando la mia storia, quello che mi è successo", ha detto la giornalista italiana "Se vogliono far sapere come si sentono, l’unico modo è il processo. Non voglio che Lozano diventi un capro espiatorio, ma dovrebbe presentarsi e spiegare la sua posizione".

09 aprile 


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