Liquida

Testimonianze di prigionieri britannici liberati da Guantanamo

by on Ago.06, 2004, under Cuba/Dentro Guantanamo

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Rhuhel Ahmed, Asif Iqbal e Shafiq Rasul, cittadini britannici, sono stati arrestati nel Nord dell’Afghanistan il 28 novembre 2001 dai fedelissimi del signore della guerra, Abdul Rashid Dostum.
I tre, provenienti da Tipton nella regione delle Midlands, sono stati consegnati alle forze americane, per poi essere trasferiti a Guantanamo come sospetti terroristi.
I "tre di Tipton" sono stati rilasciati a marzo di quest’anno e, dopo il ritorno in Gran Bretagna, sono stati prosciolti.

l "Guardian" pubblica una serie di stralci tratti da un rapporto di 115 pagine basato sulle lunghe interviste in cui hanno descritto il trattamento ricevuto da poliziotti e militari americani e inglesi. Dopo il rilascio, i tre hanno concesso ai media interviste a pagamento in cui lamentavano di essere stati vittime di maltrattamenti.
Alcuni ambienti hanno attribuito scarsa importanza al loro racconto, ma dopo le rivelazioni degli abusi commessi nel carcere iracheno di Abu Ghraib, ci si chiede sempre più fino a che punto intendano spingersi gli Stati Uniti nella "guerra al terrorismo".
Il rapporto, intitolato "Detenuti in Afghanistan e a Guantanamo", è stato redatto dagli avvocati dei tre uomini.
Per la pubblicazione di questi stralci, il "Guardian" non ha corrisposto alcun pagamento né ai tre interessati né ai loro legali.

Da Kandahar a Cuba

Il terrore, la disperazione e l’ansia traspaiono sui volti dei tre rilasciati, che descrivono la paura «di essere uccisi da un momento all’altro» quando si trovavano in mano alle forze americane.
Questo incubo, durato due anni e mezzo, ha provocato loro anche seri problemi di salute: i tre soffrono di dolori alle ginocchia e alla schiena a causa della posizione in cui erano ammanettati, mentre Rhuhel Ahmed ha subito lesioni visive permanenti. Alla cattura da parte dell’Alleanza del Nord ha fatto seguito un estenuante viaggio in camion attraverso l’Afghanistan, a cui sono sopravvissuti solo 20 dei 200 prigionieri.
I tre erano «intirizziti, disidratati, affamati e angosciati», per non parlare della dissenteria e delle ferite. Le forze statunitensi li avrebbero poi picchiati e presi a calci. «Ci chiamavano "motherfuckers" e per tre, forse quattro ore, ci hanno presi a pugni, a calci, a schiaffi e ci hanno anche colpiti con il calcio del fucile 30 o 40 volte».
Due settimane dopo, Iqbal e Rasul sono stati trasferiti da Kandahar a Cuba; Ahmed li ha raggiunti un mese dopo.
Prima del trasferimento, sono stati incappucciati, costretti a spogliarsi, e lasciati senza vestiti.
«Sentivo dei cani abbaiare e dei soldati urlare nelle vicinanze – spiega Rasul – poi mi hanno detto di piegarmi e poi ho sentito che mi veniva inserito qualcosa nell’ano.
Non so cosa fosse, ma è stato molto doloroso». «Quando siamo arrivati, il terrore era alle stelle.
Eravamo ossessionati dall’idea che potessero ucciderci in qualunque momento.
Le guardie dicevano: "Nessuno lo sa che siete qui: si sa solo che siete dispersi e, se anche vi ammazziamo, non lo scoprirà nessuno"».
Secondo il rapporto, il trattamento dei prigionieri ha subito un drastico peggioramento dopo l’arrivo del comandante statunitense, Geoffrey Miller, che è stato a capo di Guantanamo per 18 mesi, fino all’aprile scorso, quando è stato trasferito alla direzione di altre carceri in Iraq.
«E’ stato allora – spiega Rasul – che hanno cominciato ad ammanettarci in modo che fossimo costretti a rimanere accucciati, a costringerci ad ascoltare musica a tutto volume durante gli interrogatori, a raderci a zero, a costringerci a stare in cella nudi, a trasferire alcuni da una cella all’altra ogni due ore, a impedirci di dormire e a sottoporci a temperature estreme.
Personalmente non abbiamo subito molestie sessuali ma sappiamo che altri vi sono stati sottoposti».
Il rapporto descrive un quadro inquietante, nel quale i detenuti erano costretti all’interno di celle infestate da topi, serpenti e scorpioni ed esposti alle torride temperature diurne, al gelo della notte e a piogge torrenziali. Quest’anno, il primo comandante del campo, il generale Rick Baccus, in un’intervista al Guardian, ha rivelato che i responsabili degli interrogatori disapprovavano fortemente le condizioni in cui venivano tenuti i prigionieri: al termine del mandato di Baccus, il segretario alla difesa Donald Rumsfeld avrebbe quindi consegnato il controllo di Guantanamo interamente nelle mani dell’Intelligence. Secondo il Washington Post, il generale Miller avrebbe istituito un sistema che permetteva di incappucciare i prigionieri o di privarli dei vestiti per oltre 30 giorni, dietro minaccia di aizzare contro di loro dei cani o di sottoporli a temperature estreme. Il generale è stato trasferito in Iraq sulla scia dello scandalo di Abu Ghraib.
Il generale Janis Karpinski, che Miller ha sostituito in Iraq, afferma di averlo sentito dire: «Bisogna fare come a Guantanamo, i prigionieri sono come cani».

Gli interrogatori

I detenuti sono crollati e hanno reso confessioni false dietro pressione di coloro che li interrogavano sottoponendoli ad ogni tipo di umiliazione.
Dopo mesi di brutali interrogatori, Rasul ha ammesso di aver incontrato in Afghanistan, nel 2000, Osama Bin Laden e Mohammed Atta, uno degli attentatori dell’11 settembre, mentre è stato accertato che in quel periodo lavorava come commesso in Inghilterra.
«Ormai ero uscito di testa, mi importava solo che finisse». Rasul è stato scagionato da ogni accusa quando il servizio segreto britannico M15 ha prodotto le prove che i tre uomini si trovavano in Inghilterra all’epoca dei fatti.
Il rapporto descrive le aberranti tecniche utilizzate durante gli interrogatori militari. Iqbal parla di soldati Usa che gli puntavano la pistola alla testa e lo picchiavano durante gli interrogatori in Afghanistan. E aggiunge: «Un americano mi urlava che io ero di Al Qaeda.
Ho risposto che non c’entravo nulla e che non ero neanche d’accordo con quanto faceva.
A quel punto ha cominciato a prendermi a pugni con violenza e, quando sono caduto a terra, mi ha preso a calci nella schiena e nello stomaco». Gli interrogatori alla baia Guantanamo erano meno violenti ma prevedevano di frequente uno stress fisico.
Iqbal ha ricordato: «Mi hanno portato in una stanza con luci intermittenti e musica ad altissimo volume».

Agenti Usa e Gb

Secondo il rapporto, alcuni funzionari britannici si sono recati più volte a Guantanamo per interrogare i cittadini britannici. Si credeva che fossero stati inviati per garantire i diritti dei britannici, mentre in realtà erano sempre accompagnati da agenti del MI5.
Iqbal sostiene che, una volta, l’addetto consolare si è aggiunto all’interrogatorio senza fare domande riguardo ai suoi diritti.
Ahmed afferma di essere stato interrogato a Kandahar sia da addetti del ministero degli Esteri, sia da ufficiali del M15.
Non ha mangiato per settimane e ha subito la privazione del sonno e un freddo intenso, ma ha detto che i funzionari britannici «non hanno fatto nemmeno domande in proposito». Iqbal afferma che i servizi segreti britannici lo hanno interrogato quattro volte in tre mesi.
Nel corso del quarto interrogatorio, si rifiutò di rispondere agli agenti americani e britannici, che abbandonarono la stanza lasciando un funzionario dell’ambasciata; questi esortò Iqbal a esporre le sue rimostranze. Iqbal rimase in silenzio finché non gli è stata mostrata una lettera dei suoi familiari, con la minaccia che gli sarebbe stata consegnata solo se avesse collaborato.
«Pensavo che non avrei mai ricevuto lettere da parte della mia famiglia, così iniziai a parlare», ha affermato.
Il funzionario, per la prima volta, prese nota per iscritto delle sue rimostranze, tra le quali comparivano le infezioni di cui soffriva a causa delle ferite provocate dai ceppi di acciaio alle gambe; l’essere stato esposto nudo in pubblico; il cibo insufficiente; il mancato rispetto della sua religione; la privazione del sonno. Questa lamentela si protraeva per due pagine.

Picchiati i malati

Ci sono state "diverse centinaia" di tentativi di suicidio, molti di più di quelli riportati nei documenti ufficiali.
Le autorità del campo hanno registrato circa 32 tentativi di suicidio da parte di prigionieri, prima di interrompere questa registrazione e di creare una nuova categoria "comportamento manipolatorio e autodistruttivo".
Tuttavia, secondo il rapporto, i tentativi di suicidio sono solo la punta dell’iceberg: sono descritti nei minimi particolari casi di deterioramento della salute mentale di prigionieri e si accusano le guardie di aver aggredito persone con gravi problemi di salute.
Gli uomini hanno affermato che un’alta percentuale di detenuti prendeva pillole antidepressive e che almeno cento sono visibilmente affetti da infermità mentale a causa della situazione.
I tre anno assistito al pestaggio di un prigioniero sofferente di disturbi mentali – Jumah al-Dousari, del Bahrain – colpevole di aver fatto l’imitazione di una donna soldato. Otto soldati lo hanno ripetutamente picchiato e percosso in faccia fino a spaccargli il naso e lo hanno preso a calci nello stomaco.

Liberazione 6 agosto 2004


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