Liquida

Afghanistan tutt’altro che democratico

by on Apr.02, 2005, under Guerre globali

Negli ultimi due anni i media degli Stati Uniti hanno drasticamente ridotto la copertura rispetto alla situazione afgana.
Secondo l’American Journalism Review soltanto tre produttori di news – Newsweek, Associated Press e Washington Post – hanno inviati di stanza a Kabul.Quel poco che viene pubblicato sull’argomento riguarda quasi esclusivamente belle storie a lieto fine, qualche cambiamento del tutto superficiale o le dichiarazioni dell’Amministrazione Bush offerte in modo del tutto acritico.
Non esiste alcun esame dei reali effetti della presenza politica e militare statunitense. Per esempio, il 18 marzo, Joel Brinkley e Carlotta Gall del New York Times, hanno riferito della visita in Afghanistan di Condoleeza Rice e la sua dichiarazione: “non ci potrebbe essere storia migliore dello sviluppo democratico dell’Afghanistan”.
Brinkley e Gall, in pratica, hanno avvallato quanto detto dalla Rice, non facendo menzione di come l'amministrazione afgana stia legittimando i signori della guerra sostenuti dagli Usa, che stanno strangolando qualunque possibile democrazia.
Questa faccenda non è una novità. Già all'inizio degli anni ‘90, le atrocità commesse dai combattenti Mujahadeen (alcuni dei quali si trovano ora al governo) hanno provocato, in 4 anni e nella sola Kabul, decine di migliaia di morti tra i civili e centinaia di migliaia di rifugiati. In quello stesso periodo, la copertura offerta dai media è calata vertiginosamente. Verso la fine degli anni ‘90, quando i talebani hanno promulgato leggi oppressive, i media hanno in gran parte ignorato la questione.
Nel 2000, quando decine di migliaia di rifugiati afgani sono stati intrappolati, in condizioni orribili, nei campi profughi al di là del confine pachistano, ancora lo stesso silenzio.
Solo quando le statue dei Buddha di Bamiyan sono state fatte saltare, o quando vi sono stati gli attacchi dell’11 settembre, l'Afghanistan è apparso degno di essere raccontato.
Perchè i media, oggi, non verificano la dichiarazione di Bush su “libertà e democrazia”? E’ vero, la maggior parte degli afgani ha accettato di tutto cuore la promessa che era stata loro fatta di poter scegliere i propri leader alle urne, nonostante si trattasse di una democrazia imposta da un paese straniero.
Ma il potere dei signori della guerra, tiranni antidemocratici, ha soffocato tutte le aspirazioni del popolo afgano.
La maggioranza degli afgani ha votato per Hamid Karzai, anche se è chiaramente un fantoccio degli Stati Uniti. L’hanno fatto perché aveva promesso loro che non avrebbe accettato alleanze con i signori della guerra. Ma dopo l’elezione, Karzai ha nominato Ministro dell’Energia l'ex governatore di Herat, Ismail Khan, un signore della guerra misogino e fondamentalista. Karzai, poi, ha di recente nominato un ben noto criminale di guerra, Abdul Rashid Dostum, a capo dell’esercito nazionale. Queste scelte sono state elogiate dall'ambasciatore degli Stati Uniti Zalmay Khalilzad, che le ha definite "sagge", anche se la commissione indipendente per i diritti umani aveva appena reso noto un sondaggio che rivelava un desiderio profondo fra gli afgani di tutto il paese di ottenere giustizia per i crimini di guerra, commessi da personaggi come Khan e Dostum.
A parte lo "sviluppo democratico", l’amministrazione Bush rifiuta di menzionare le terribili condizioni di vita e la mortalità altissima degli afgani.
Obbedienti, i media non informano sull’atroce lotta per la sopravvivenza, in questo paese. Nel 2004 un report delle Nazioni Unite rilevava che l'Afghanistan è 173esimo su 178 paesi per quanto riguarda i fattori di sviluppo umano. Soltanto cinque paesi, tutti nell’Africa sub-Sahariana, registrano condizioni peggiori: il Burundi, il Mali, il Burkina Faso, il Niger e la Sierra Leone. I rifugiati, il cui ritorno (a volte forzato) è stato ampiamente elogiato dall’Amministrazione Bush come prova della ritrovata libertà afgana, ora sono nomadi nel loro stesso paese e hanno trasformato zone di Kabul in accampamenti abusivi.
Non hanno casa e poca o nessuna istruzione, non hanno possibilità d'impiego, nè assistenza sanitaria.
La mortalità dovuta al parto, particolarmente nelle province più densamente popolate, è fra le più alte al mondo.
Come lo era prima dell’11 settembre, quando i media ignoravano l'Afghanistan. L’istruzione – tante volte usata come argomento dall’amministrazione Bush per dare prova dei propri successi politici in Afghanistan – è ritenuta dall’Onu la "peggiore nel mondo". Fuori Kabul non ci sono, praticamente, possibilità di accesso all’istruzione per le ragazze e per le donne afgane.
In città, mi è stato detto, la maggior parte delle scuole ha un programma limitato agli studi islamici.
La maggior parte delle donne indossa ancora il burqa, o lo hijab.
E’ un modo semplicistico per misurare lo stato di oppressione delle donne in un paese, ma la questione è stata sfruttata, dall’amministrazione Bush e dai media dopo l’11 settembre, per render conto del livello di brutalità dei talebani nei confronti del sesso femminile.
Per di più la dismissione del burqa, dopo la caduta dei talebani, è stata per i media la dimostrazione dell’avvenuta “liberazione” delle donne.
Oggi nelle città e nelle province, la maggior parte delle donne si veste esattamente come faceva sotto il regime dei talebani.
Nasreen, 18 anni, è una rifugiata tornata in Afghanistan e che vive ora a Herat. Mi ha detto che non vorrebbe portare lo hijab, ma è terrorizzata perchè attirerebbe troppa attenzione e l’atmosfera continua a essere ostile. C’è un modello ricorrente: prima dell’11 settembre i media non consideravano degni di copertura l’Aghanistan e i suoi innumerevoli problemi (la maggior parte dei quali iniziati a causa della politica degli Stati Uniti negli anni ’80 e ’90).
Dopo l’11 settembre, quando all’amministrazione Bush è convenuto mettere in evidenza l’oppressione e la povertà come giustificazioni per una guerra, i media hanno aderito al progetto.
Ora, nonostante esistano ancora oppressione e povertà, Bush e la Rice ci hanno informati che l’Afghanistan è stato “salvato” dal nostro intervento militare e dall’installazione della “democrazia”, così il paese non necessita più della nostra attenzione.
I media continuano a servire i voleri del governo. Le stesse persone che il popolo americano, compassionevolmente e generosamente, sosteneva dopo l’11 settembre stanno ora soffrendo ancor di più a causa della mancanza di attenzione e interesse. Le donazioni per i progetti salvavita, come ospedali, cliniche, scuole, sono crollate.
Le milizie armate guidate dai signori della guerra sostenuti dagli USA hanno sostituito i talebani, finanziando i loro eserciti con la vendita di eroina.
Nel breve periodo questo atteggiamento ha avuto tangibili conseguenze sul popolo afgano.
Nel lungo periodo la mancanza di copertura mediatica e di interesse e l’ascesa e l’arricchimento di gruppi armati avrà orribili e scioccanti conseguenze, come lo furono gli attacchi dell’11 settembre.

Fonte: Nuovimondimedia


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