Liquida

Sami al-Hajj: lettere da Guantanamo

by on Gen.12, 2006, under Cuba/Dentro Guantanamo

cineoperatore dell’emittente "al-Jazira" Sami al-Hajj è stato arrestato dagli americani quattro anni orsono in Afghanistan, dove si trovava per conto della tv del Qatar per seguire le vicende belliche occorse in quel paese. Dopo un’iniziale permanenza nella base americana di Bagram, in Afghanistan, al-Hajj è stato trasferito a Guantanamo, da dove ha scritto queste lettere al suo avvocato britannico Cliff Stafford-Smith. Occorre notare che nel corso di questi anni di detenzione ad al-Hajj non è stata rivolta alcuna accusa formale e non ha mai affrontato un processo. La sua testimonianza è un pesante atto d’accusa nei confronti delle gravi e ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate dall’esercito americano a Guantanamo. 

Lettera di Sami al-Hajj al suo avvocato da Guantanamo


L’emittente Al-Jazeera ha ricevuto una lettera dal suo cineoperatore Sami al-Hajj, detenuto da circa quattro anni a Guantanamo senza che gli sia stata rivolta alcuna accusa formale e senza processo.Nella lettera Sami ha comunicato al suo avvocato le ragioni e le circostanze dello sciopero della fame nel centro di detenzione.Ricordiamo che l’avvocato britannico Clive Stafford-Smith è l’unico tramite di comunicazione con Sami al-Hajj, e che, malgrado il suo status legale, l’avvocato ha potuto incontrarlo solo tre volte.Ecco di seguito il testo della lettera:

Lettera n.11
9 agosto 2005

All’avvocato Clive Stafford-Smith

Caro Clive,queste sono alcune delle mie note sullo sciopero della fame:lo sciopero è iniziato il 12 luglio scorso nel "campo n. 4", limitatamente al blocco "whisky", dove tutti si sono uniti allo sciopero, fino ad arrivare a 190 partecipanti all’iniziativa.Le richieste consistevano: nell’interruzione del metodo del "pugno di ferro" applicato ai detenuti, in particolare nel "campo n. 5"; nell’aumento dell’assistenza sanitaria; nell’arresto delle pratiche su larga scala della narcotizzazione dei detenuti e della derisione del loro stato mentale.Il 15 luglio un importante gruppo di visitatori è giunto al "campo Delta" – supponiamo che fossero membri del Congresso americano; per ragioni note solo alle autorità non è stato concesso ai delegati di fare un normale giro nel "campo n. 4", forse perché sarebbe stato turbato dalla tensione. Tuttavia, il giro ha compreso l’ospedale vicino al blocco "whisky". Disperati e frustrati, i detenuti hanno deciso di urlare e comunicare a voce alta, nella speranza che i visitatori li udissero e gli fossero spiegate le loro istanze, mentre alcuni gridavano "libertà" e altri urlavano "Bush è come Hitler!" e altre invettive quali "Questo è un gulag!", ossia un luogo di lavoro forzato e schiavitù.In questo frangente alcuni delegati hanno provato ad avvicinarsi al blocco "whisky", per poter udire le urla, nonostante l’intimazione del corpo di guardia a non avvicinarsi . Alcuni visitatori non mostravano un grande interesse ad ascoltare ciò che avveniva, mentre altri ci guardavano provando indignazione per quanto stava accadendo.Alle 17:00 del 17 luglio, le autorità del "campo Delta" hanno iniziato a buttare fuori i detenuti dal blocco "whisky" loro malgrado (crediamo che la visita di quella delegazione due giorni fa sia la ragione dietro questo modo d’agire), cosicché 18 detenuti sono stati rispediti ai "campi n. 2 e n. 3", dove le condizioni sono peggiori. Tra i trasferiti c’è uno dei tuoi clienti, Jamil al-Banna.Nonostante non vi sia stato accenno di resistenza da parte dei detenuti, sono state impiegate le forze di sostegno all’ordine, conosciute come ERF.Alla fine dell’operazione, le autorità avevano trasferito diciotto detenuti da due celle, mentre gli altri prigionieri nel blocco "whisky" chiedevano di andare con i loro compagni nei "blocchi n. 2 e n. 3".Frattanto, nel "campo 4" le cose sono iniziate a peggiorare e altri detenuti reclusi nelle vicinanze chiedevano di essere trasferiti nei "campi 2 e 3".
Alla fine circa 40 detenuti domandavano di andare là, tutti loro seguendo le procedure richieste per abbandonare il "campo 4", lasciando tutti i loro
averi e sostando fuori dal campo finché le autorità non li avrebbero presi sul serio.Così, alle 15 del 18 luglio è iniziata l’operazione di trasferimento dei prigionieri ai "campi 2 e 3".Con la prosecuzione dello sciopero, i detenuti hanno cominciato a chiedere polemicamente: "Perché siamo nemici?", quesito al quale il Generale rispondeva che egli non aveva l’autorità per modificare il loro status
giuridico. Ci era già stato detto che Donald Rumsfeld, Ministro della Difesa americano,aveva inviato un messaggio da Washington nel quale richiedeva al
Generale l’applicazione della Convenzione di Ginevra a Guantanamo.La più importante questione che ci riguardava era la chiusura del "campo 5", poiché le sue condizioni erano le peggiori in assoluto.Sono venuti da noi gli ufficiali militari e ci hanno promesso la garanzia di uno spaccio per acquistare dei generi di prima necessità, così come ci hanno
comunicato la possibilità per le nostre famiglie d’inviarci del denaro e la concessione ai nullatenenti di tre dollari alla settimana.Avevamo un’assemblea dei prigionieri, creata per concedere ai detenuti di comunicare le loro istanze e discuterle con le autorità, per giungere a posizioni certe per tutti.Nonostante sia stato concesso lo svolgimento delle riunioni, è stato proibito di comunicare in forma segreta, per cui si è giunti a passarci le osservazioni tra noi con messaggi cartacei, che poi vengono inghiottiti; ciò ha suscitato l’ira delle autorità.Il 5 agosto la questione di Hisham al-Sulayti ha provocato una serie di pericolosi problemi: egli aveva opposto resistenza al pestaggio durante l’interrogatorio; allora avevano nuovamente profanato il Corano, ulteriore episodio dei continui problemi inerenti al Libro Sacro: per esempio, un membro della
polizia militare aveva posto una domanda allo yemenita al-Shamrani, mentre questi compiva la preghiera; egli reagì dicendo che avrebbe risposto dopo aver finito di pregare, e la polizia ha reagito picchiandolo sul viso finché non è diventato una maschera di sangue, e hanno iniziato a profanare il
Corano calpestandolo.Questa non è l’unica controversia: a Hakim, anch’egli yemenita, è stato detto che lui rappresenta un pericolo per gli Americani perché conosce a memoria tutto il Corano – un insulto per la fede islamica nella sua interezza.Il kuwaitiano Sa’ad è stato portato con la forza in isolamento per l’interrogatorio, durante cui era stato costretto a trascorrere cinque ore con una donna che lo molestava sessualmente, per non parlare del bambino canadese, Omar Khidr, tratto anch’egli in isolamento per essere interrogato.Inoltre, nel "campo 3" i prigionieri sono stati condotti in un posto chiamato "Romeo", dove la loro dignità è stata umiliata, in quanto le autorità li hanno costretti ad indossare dei pantaloncini e hanno deciso di lasciarli senz’acqua né cibo per ventiquattro ore.L’8 agosto il Generale ha annullato l’assemblea dei detenuti, poiché il 7 agosto i "campi 2 e 3" avevano iniziato il loro sciopero della fame, mentre il "campo 1" ha deciso di unirsi allo sciopero due giorni dopo.Appena è iniziato il secondo sciopero è giunto il Colonnello, portando un megafono, con l’intenzione di comunicare con i capi dei blocchi, ma noi abbiamo rifiutato.Così, dovevamo sostenere un altro sciopero della fame: non voglio, ma è necessario farlo, e dobbiamo stare vicini l’uno all’altro, in particolare ai detenuti nel "campo 5".Spero di rimanere vivo. Ti prego di dire a mia moglie e a mio figlio che li amo.Il tuo amico e cliente,

Sami Muhyi al-Din al-Hajj

 

L’operatore dell’emittente Al-Jazeera Sami al-Hajj, detenuto da circa quattro anni a Guantanamo senza che gli sia stata rivolta alcuna accusa formale e senza processo, ha espresso il desiderio di ritornare nel suo paese, il Sudan, allorché avesse luogo il suo rilascio, per prendersi cura dei suoi fratelli minori, a seguito della morte dei suoi genitori.

Ecco il testo della lettera indirizzata al suo avvocato inglese Clive Stafford-Smith, il quale in tre anni è riuscito a vederlo solo tre volte.

20 ottobre 2005

Caro Clive,desidero ribadirti che ho già deciso, nel caso in cui mi liberassero, di tornare alla mia cara terra natale, il Sudan, e che non intendo recarmi in alcuna altra nazione.Intendo tornare in Sudan per proseguire la mia esistenza con la mia cara famiglia e per continuare ad espletare i miei doveri nei confronti dei miei fratelli e delle mie sorelle minori, che dopo l’inevitabile morte dei miei genitori – su di loro la misericordia di Dio – sono passati sotto la mia responsabilità.Allo stesso modo desidero che il mio amato figlio Muhammad si iscriva alle scuole sudanesi, che non dubito potranno rendergli possibile un luminoso avvenire, a Dio piacendo.Ti sono grato e riconoscente per tutto ciò che hai fatto per me.Tuo sincero amico per sempre,

Sami Muhyi al-Din Muhammad al-Hajj

traduzione per aljazira.it da Valerio Buemi, un membro di Tlaxcala


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