Liquida

Guantánamo, quattro anni di troppo: il caso di Jumah al-Dossari

by on Feb.26, 2006, under Cuba/Dentro Guantanamo

Jumah Mohammed Abdul-Latif al-Dossari è stato arrestato in Pakistan alla fine del 2001 e trattenuto per diverse settimane dalle autorità di quel paese. In seguito è stato prelevato da agenti Usa e trasportato in aereo nella base di Kandahar, Afghanistan. Durante il volo è rimasto ammanettato, con le mani dietro la schiena, e incatenato. Quando ha protestato per il dolore, è stato preso a calci e pugni nello stomaco, facendogli vomitare sangue. Al-Dossari è rimasto nella base aerea di Kandahar per circa due settimane, in una tenda gelida che ospitava anche altri detenuti e con un secchio come toilette. È stato interrogato svariate volte e torturato (i segni sono ancora visibili). Nel gennaio 2002, è stato trasferito con un volo militare Usa a Guantánamo Bay. Per tutto il tempo del viaggio, è rimasto incatenato alla struttura interna del velivolo ed è stato costretto a indossare cuffie e occhiali da lavoro con le lenti annerite. Anche in questo caso, ha protestato ed è stato picchiato. In seguito, gli sono state date delle pillole per farlo dormire. Dopo molte ore, l’aereo è atterrato in una località ignota e al-Dossari è stato trasferito su un altro velivolo che si è diretto a Guantánamo Bay. Inizialmente, il prigioniero è stato messo nel campo X-Ray e lasciato ammanettato in una cella frequentemente visitata da topi, serpenti e scorpioni. In seguito, è stato spostato nel campo Delta, dove è rimasto in totale isolamento anche per cinque mesi consecutivi.

La tortura

“Gli prese la faccia e la fece sbattere contro il pavimento di cemento. C’era sangue dappertutto. Poi lo portarono via dalla cella e aprirono il tubo dell’acqua. La cella era piena di acqua mescolata al sangue. Lo abbiamo visto tutti…”

“L’uomo si tolse lo scudo, si levò l’elmetto e, quando la porta fu aperta, prese la rincorsa e diede una ginocchiata proprio tra le scapole di Jumah. Quell’uomo pesava oltre un quintale.”

(testimonianze di ex detenuti di Guantánamo sulle torture inflitte ad al-Dossari)

Al-Dossari afferma di essere stato torturato sia a Kandahar che a Guantánamo. Nella prigione afgana la tortura era sistematica; in un caso, ha vomitato e poi è svenuto. Secondo quanto ha denunciato:
– i soldati Usa urinavano sui detenuti e spegnevano sigarette sulla loro pelle;
– un soldato lo ha spinto con la faccia a terra mentre altri colleghi gli camminavano sopra;
– è stato preso a calci in faccia e colpito a un occhio con un oggetto che non è riuscito a identificare;
– è stato costretto a camminare a piedi nudi sul filo spinato e gli hanno spinto la faccia a terra su un pavimento pieno di vetri rotti;
– è stato sottoposto a scariche elettriche;
– i soldati Usa gli hanno sputato addosso e lo hanno minacciato di morte.

A Guantánamo, al-Dossari afferma che:
– durante gli interrogatori veniva incatenato, minacciato di stupro, di morte e di uccisione dei suoi familiari e regolarmente picchiato;
– nel corso di un interrogatorio è stato avvolto in bandiere israeliane e statunitensi e gli è stato chiesto cosa pensasse della politica degli Usa verso Israele. Un addetto all’interrogatorio ha preso una copia del Corano, l’ha gettata a terra, l’ha calpestata e ci ha urinato sopra. Un funzionario dell’Fbi presente a Guantánamo ha scritto in un rapporto di aver visto un detenuto avvolto in una bandiera israeliana durante un interrogatorio;
– è stato costretto ad assistere a scene di sesso tra i secondini e gli è stato proposto di fare sesso con le donne in cambio della sua collaborazione negli interrogatori;
– è stato brutalmente picchiato dalla Forza di risposta rapida. I soldati hanno più volte sbattuto la sua testa contro il pavimento fino a quando ha perso conoscenza. Alla scena hanno assistito tre detenuti, i quali affermano che l’episodio è stato ripreso con una telecamera.

In un libro intitolato “Inside the wire”, un ex soldato dell’intelligence Usa racconta di aver visto il volto di al-Dossari sfigurato, nero e blu, diversi giorni dopo il pestaggio. Nel rapporto di un agente dell’Fbi che intervistò il prigioniero poco tempo dopo, si legge che al-Dossari “aveva una ferita recente sul naso”, di cui porta ancora oggi segni evidenti.

La detenzione al campo n.5

“Mi spiega come posso non diventare pazzo?”
(al-Dossari al suo avvocato)

Nel mese di maggio del 2004, al-Dossari è stato trasferito al campo 5, una struttura concepita sul modello delle “prigioni di super-massima sicurezza” degli Usa, dove si trova tuttora. Il prigioniero rimane anche 24 ore su 24 in una cella d’isolamento di cemento. La luce rimane costantemente accesa, così come dei grandi e potenti ventilatori il cui rumore volutamente impedisce ai detenuti di comunicare da una cella all’altra. Al-Dossari può fare esercizio fisico solo un’ora – talvolta ridotta della metà – alla settimane, da solo in un piccolo recinto. L’acqua nella cella è gialla e puzza di immondizia. In un’occasione, il prigioniero vi ha trovato dei vermi. Solo da poco, gli viene fornita una bottiglia d’acqua al mese (secondo alcune fonti, dopo lo sciopero della fame del luglio scorso, ai detenuti vengono fornite tre bottiglie al giorno). Il cibo è scarso rispetto agli altri campi e ogni tanto risulta avariato. Al-Dossari viene interrogato con regolarità e minacciato di essere trasferito alla base aerea di Bagram, Afghanistan, dove gli viene detto che il trattamento è persino peggiore di quello di Guantánamo. A seguito delle torture e della prolungata detenzione (in isolamento da oltre un anno), al-Dossari è in uno stato di grave sofferenza sia fisica che psicologica. Negli ultimi due anni ha avuto problemi di cuore e dolori e insensibilità al braccio sinistro. Soffre di vertigini, dolori ai denti e disturbi alla vista.


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