Liquida

INDAGINI PARALLELE

by on Mar.08, 2006, under Fausto e Iaio

La strada è ancora ricolma di gente che si guarda stupita,con gli occhi intrisi di lacrime,rabbia e disperazione. Lì,tra i fiori e i bigliettini, si aggirano i cronisti che tutto vogliono sapere ,i curiosi del quartiere,gli uomini di polizia giudiziaria,il magistrato che condurrà le prime indagini,Armando Spataro,e probabilmente i complici degli assassini. A Spataro bastano poche ore per capire che la pista sostenuta dall'allora capo di Gabinetto Bessone("una faida tra spacciatori")non è credibile."Bisognava seguire la pista dell'omicidio politico-dice il magistrato ora impegnato nei grandi processi contro la mafia nel Nord Italia- Per me era chiaro fin dall'inizio ma non avevamo prove sufficienti per mandare in carcere qualcuno.Abbiamo prestato attenzione a decine di cose,migliaia di particolari,alle contro inchieste di Lotta Continua,della Sinistra,del Quotidiano dei lavoratori.Avevamo inizialmente battuto il sottobosco dello spaccio di eroina ma mi convinsi che l'omicidio maturava altrove,a Roma,negli ambienti dei fascisti militarizzati".Le cose non vanno così perché pochi minuti dopo l'omicidio del Casoretto la polizia si indirizza in tutt'altra direzione.Per gli uomini di via Fatebenefratelli,sede della Questura, Fausto e Jaio potrebbero aver partecipato attivamente alla stesura del libro bianco sul mercato dell'eroina a Milano,composto da alcune forze dell'Autonomia Operaia:per questo sarebbero stati individuati e uccisi da chi controlla il racket. Un'altra voce diffusa all'interno della polizia sussurra che i due ragazzi sarebbero coinvolti nello spaccio della droga e sarebbero stati uccisi da rivali e concorrenti provenienti da quell'ambiente.Ipotesi che si rivelano,anche agli occhi degli inquirenti,del tutto infondate.Certo,il loro è un ruolo pericoloso che li fa uscire più volte allo scoperto ma non fanno parte alla realizzazione pratica del dossier,né erano conosciuti come i promotori ufficiali dell'iniziativa.Non è neppure credibile che i due siano stati colpiti dal racket perché rappresentanti del Centro Sociale Leoncavallo in quanto era estraneo al libro,promosso invece solo da alcuni settori dell'Autonomia Operaia,i Collettivi Comunisti autonomi e il Centro lotta all'eroina.In molti si domandano perché organizzare a Milano una ritorsione così efferata e crudele,contro due ragazzini,in risposta a un dossier che in realtà è composto per metà da notizie note,come gli elenchi degli spacciatori fermati e arrestati, e per l'altra da dati non completi. Umberto Gay mi racconta che "il vero libro sul mercato dell'eroina doveva essere un'altro".Angelo Brambilla Pisoni,ex responsabile di Lotta Continua conferma l'intuizione."Mancava tutto il tracciato sul grande spaccio con legami internazionali e coperture politiche.Di quelle sei pagine che potevano offrire uno scenario più inquietante non se ne sa più nulla".

La Digos predilige la pista del legame fra le due vittime e il mondo della droga ; interroga gli amici di Fausto e Jaio,tentando una ricostruzione degli ambienti frequentati dai ragazzi e le persone incontrate il giorno dell'omicidio.Si cerca lo scandalo a tutti i costi:circola la voce che Fausto e Jaio usassero di tanto in tanto droghe leggere,fumassero spinelli ma l'autopsia sul corpo delle giovani vittime smentisce che facessero uso di eroina e altre droghe,anche leggere.La tesi del delitto provocato da diatribe tra piccoli spacciatori è a dir poco fuori luogo.Infatti tutte le testimonianze raccolte dagli inquirenti escludono che Fausto e Jaio stessero parlando agli assassini prima di essere uccisi,che la sparatoria fosse avvenuta in seguito ad una violenta discussione.Il breve scambio di frasi che precedono la sparatoria fa pensare ad una provocazione,ad uno stratagemma per accertarsi di non aver sbagliato obiettivo.Inizia l'inchiesta dell'autorità giudiziaria ma accanto a quelle ufficiali nascono tante piccole controinchieste di giornalisti come Umberto Gay e Mauro Brutto,delle redazioni delle principali testate della sinistra extraparlamentare.Sono indagini parallele,non sempre coincidenti.

Gli agenti di Ps si recano pochi giorni dopo il 18 marzo al liceo artistico di via Hajech,la scuola frequentata da Fausto Tinelli,scardinano l'armadietto e non trovando nulla sequestrano alcuni disegni,forse scambiati erroneamente per utili indizi alle indagini.Ma la Questura batte anche altre strade:la faida nelle forze della Nuova Sinistra.La tesi viene accennata timidamente il 19 marzo,poi ripresa da alcuni quotidiani come Il Giornale allora diretto da >Indro Montanelli e Il Secolo d'Italia,organo del Msi.L'ipotesi viene sostenuta con forza."I due killer fuggono nel Centro Sociale attraverso la porta secondaria di via Mancinelli all'altezza del numero 21".In realtà,come si è dimostrato,la direzione scelta per la fuga,via Leoncavallo,è la più logica visto che in Piazza San Materno molti locali pubblici sono aperti a quell'ora.Inoltre gli assassini sapevano che il Centro Sociale e' chiuso:apre solitamente poco prima delle nove e anche quella sera il portone si spalanca per il concerto di blues intorno alle 20,50. Umberto Gay e Fabio Poletti nel loro dossier danno un giudizio duro sullo svolgimento delle indagini." Furono condotte per poco tempo e in modo contraddittorio.Poco tempo perché,in quel periodo,gli interessi e le forze degli inquirenti erano investite sul fronte della lotta armata;in modo contraddittorio perché,come sempre accade,non vi fu alcun coordinamento fra polizia e carabinieri.Di conseguenza sul tavolo dei magistrati arrivavano pochi dati che a volte si annodavano tra loro".Il funzionario Carmine Scotti."Il mio lavoro l'ho dato tutto a Spataro.Lì c'erano fatti,nomi,cognomi,intuizioni.Lui emise due avvisi di garanzia nei confronti di militanti del neofascismo romano".Ventiquattro ore dopo gli spari di via Mancinelli giungono le prime rivendicazioni di chiara marca fascista.Alle 21,30 l'Ansa riceve una telefonata da una cabina di Piazza Oberdan;porta la firma del "gruppo armato Ramelli".Il messaggio è breve,secco,fulmineo."Sergio Ramelli gridava vendetta,ieri è stato vendicato".Il 22 marzo,di mattina,ore 8,25 squilla di nuovo il telefono dell'Ansa di Roma.Telefonano i "Gruppi Nazionali Rivoluzionari".Dicono che "mentre si celebrano i funerali rivendicano l'eliminazione dei due giovani di Lotta Continua avvenuta per vendicare l'uccisione dei nostri camerati".Il 23 marzo alle 21,30,in una cabina telefonica di via Leone IV a Roma,la polizia rinviene un volantino in triplice copia dell'Esercito Nazional Rivoluzionario,Brigata Combattente Franco Anselmi" che rivendica il duplice omicidio.E' scritto con una macchina elettrica,porta un simbolo nuovo come intestazione una runa celtica in un cerchio con le iniziali ENR."Sabato 18 marzo una nostra brigata armata di Milano ha giustiziato i servi del sistema Tinelli Fausto e Iannucci Lorenzo.Con questo gesto vogliamo vendicare la morte di tutti i camerati assassinati dagli strumenti della reazione e della sovversione.Noi non crediamo nella lotta comunista contro lo Stato,perché,avendo tutte le forze di sinistra la medesima mentalità di questo sistema,esse sono solamente i servi di questo regime.E' quindi per questa ragione che l'unica forza veramente rivoluzionaria è rappresentata dall'estrema destra.Sappiano i sovversivi che non riusciranno ad eliminarci:da questo momento cominceremo ad agire,nulla ci potrà fermare;siamo stanchi di piangere i nostricamerati.Falvella,Ramelli,Zicchieri,Mantakas,Ciavatta,Bigonzetti,Recchioni marciano nelle nostre file e gridano vendetta.Viva la rivoluzione fascista,morte al sistema e ai suoi servi,onore ai camerati assassinati dal Fronte Rosso e dalla reazione".E' la prima volta che l'Esercito Nazionale Rivoluzionario,Brigata Combattente Franco Anselmi rivendica un'azione armata.Ma non sarà l’ultima. Il nome di Franco Anselmi ricorre sovente:lui è un militante dei primi Nar ucciso lunedì 6 marzo 1978 dall'armiere romano Danilo Centofanti mentre tentata di effettuare una rapina in compagnia di Giusva Fioravanti,Cristiano Fioravanti,Alessandro Alibrandi.I terroristi tornano a colpire qualche anno dopo con una rivendicazione analoga. I Nuclei Armati Rivoluzionari -Gruppo di fuoco Franco Anselmi uccidono la mattina del 21 ottobre 1981 il capitano di polizia Francesco Straullu,in servizio alla Digos di Roma e del suo autista,la guardia scelta Ciriaco Di Roma.Le indagini accertano che a compiere l'azione sono Francesca Mambro,Gilberto Cavallini,Giorgio Vale,Stefano Soderini ,Alessandro Alibrandi e Walter Sordi.Il comunicato con cui la Brigata Franco Anselmi rivendica l'omicidio di Fausto e Jaio viene analizzato dagli inquirenti.Nelle prime righe c’è un primo tentativo di depistare le indagini.Si parla di "brigata armata di Milano" anche se terroristi di destra e di sinistra, nelle rivendicazioni scritte non evidenziano mai la città da cui provengono le azioni.Si scrive Milano, così i magistrati pensano che l'omicidio nasca lì mentre invece i mandanti e gli esecutori sono altrove.

Inoltre si sottolinea di "non credere nella lotta contro lo Stato",accettando una logica di spontaneismo armato proprio in antitesi con quella parte del l'ambiente neofascista che sviluppa in quegli anni una teoria opposta ,di lotta armata contro giudici,magistrati,poliziotti,carabinieri.Sembrerebbe un messaggio interno all'allora nascente Movimento Rivoluzionario di chiaro stampo fascista.Infine si scrive a chiare lettere che "L'unica forza veramente rivoluzionaria è rappresentata dall'estrema destra". Un avvertimento a Brigate Rosse e Prima Linea che proprio nel quartiere Casoretto avevano basi strategiche e gruppi di supporto logistico e politico.Il documento è interessante soprattutto nella parte finale."Da questo momento cominceremo ad agire e nulla potrà fermarci".Dal 18 marzo 1978 inizia infatti l'escalation dei Nuclei Armati Rivoluzionari,con centinaia di omicidi,ferimenti,azzoppamenti,attentati.Queste intuizioni saranno confermate da Aldo Gianuli,consulente incaricato di compiere una perizia nel 1998 per conto del sostituto procuratore di Milano Stefano Dambruoso. Scrive Granuli:"Chi ha scritto quella rivendicazione era un gruppo minoritario di estrema destra che intendeva contrastare la linea di apertura con la sinistra. La motivazione della rappresaglia regge poco. Il volantino sembra sconvolgere quell’avvicinamento con la sinistra.Si è considerato che il volantino sia autentico ma non veritiero,che sia stato scritto da un’organizzazione per farsi pubblicità. Chi scrisse quel documento lo fece per scopi diversi da quelli dichiarati. Ha inteso depistare chi indagava fornendogli elementi falsi. Per quanto riguarda il simbolo c’è da ricordare che i Nar firmavano con la folgore frecciata mentre qui c’è quello para-runico,già utilizzato nel ’69 da Antonio Fiore del gruppo barese di Avanguardia Rivoluzionaria,amico di Massimo Carminati che aveva già militato in Avanguardia Nazionale." Il nome di Franco Anselmi compare a fianco dei Nar per almeno quattro anni. A Roma in due rapine in armerie tra il ’79 e l’80. A Napoli,il 5 aprile 1980 con l’attentato al direttore del manicomio giudiziario di Sant’Eframo. A Venezia,pochi giorni dopo la strage di Bologna,per scagionare Marco Affatigato. A Roma,con le esecuzioni di Luca Peducci e Marco Pizzari,militanti di Terza posizione sospettati di infamia e tradimento. A Milano,Padova e Roma tra l’80 e l’81 con l’uccisione in scontri a fuoco di due carabinieri,un poliziotto e due agenti. Nell’uccisione del capitano Straullu.Un livello militare alto,inserito all’interno della destra eversiva.

Le indagini sono incalzanti.Ognuno continua una propria investigazione.Lotta Continua pubblica a puntate la ricostruzione e il movente del duplice omicidio.Stessa cosa viene realizzata dal giornale La Sinistra che va in edicola con un grande speciale.Il Quotidiano del Lavoratori si convince che l'assassinio è politico.Parallelamente la Questura imbocca la pista fascista.Lo fa a tappeto.Il 19 marzo perquisisce le abitazioni di Andrea Calvi,Giorgio Franco,Angelo Angeli,Paolo Cattania.Il 23 Marzo tocca a Massimo Turci,dirigente provinciale del Fronte della Gioventù,Umberto Monterosso,Riccardo Berticca e di altri militanti della destra del quartiere come i fratelli Giuseppe e Mario Bortoluzzi,Alfonso Pasquale e Luigi Brusaferri.Il 24 sono perquisite le abitazioni di altri fascisti come i fratelli Giovanni e Pasquale Alfieri,uno di loro sarà arrestato per detenzione abusiva di arma da fuoco,di Calogero Bongiovanni,Sergio Bertazzi,Nicolò Di Primo,Claudio Cereda,Franco Mariani,Andrea Ferrazzi.Lo speciale del quotidiano La Sinistra descrive minuziosamente alcuni particolari agli atti delle inchieste."I fratelli Mario e Giovanni Bortoluzzi,rispettivamente di 19 e 21 anni,sono fascisti legati con la malavita e il traffico della droga nel quartiere. La sera dopo il ritrovamento dei cadaveri di Fausto e Jaio, Mario Bortoluzzi viene notato in compagnia di Marco Barisio.Quando il 23 marzo la Digos si presenta nella sua abitazione con un mandato che porta la firma del sostituto Spataro,gli agenti apprendono con stupore che i fratelli Bortoluzzi sono già stati arrestati dai carabinieri.".Il giorno prima Mario Bortoluzzi e il suo amico Antonio Mingolla cadono con una moto di grossa cilindrata mentre sfrecciano in prossimità di Inzago.Vengono trasportati all'ospedale e viene scoperto ,infilato nella cintura di Mario, un revolver 44 Magnum. Così intervengono i carabinieri di Cassano D'Adda che arrestano i due ragazzi per porto abusivo di arma da fuoco e ordinano la perquisizione nelle loro abitazioni. A casa di Mario rinvengono altre due pistole calibro 7,65 e 6,35,oltre a munizioni,coltelli,armi improprie e una bandiera della Germania nazista.Viene arrestato anche il fratello maggiore Giuseppe. Mario Brutto dell'Unità commenta così gli arresti."Risulta abbastanza chiaro quali siano le due branche dell'inchiesta che operano simultaneamente ma in modo autonomo:da una parte si indaga negli ambienti della criminalità comune e dall'altra in quelli dell'estremismo fascista.Nelle ultime ore il primo tipo di indagine è sembrato quello più probabilmente destinato a raggiungere l'obiettivo ma non si esclude che proprio nelle ultime battute,possa andare a congiungersi con la seconda".Nel frattempo indagini parallele vengono effettuate da un gruppetto di giornalisti che si trovano proprio a casa di Brutto.Cresce la convinzione che l'omicidio di Fausto e Jaio rappresenti qualcosa di più complesso.

Subito interrogati da Armando Spataro,Giuseppe Bortoluzzi e Antonio Mingolla si dichiarano innocenti ed estranei ai fatti contestati mentre Mario rifiuta di rispondere alle domande del magistrato.Gli inquirenti trovano nel Bar Pirata di via Pordenone un impermeabile chiaro di proprietà di Mario Bortoluzzi che secondo le dichiarazioni della titolare del bar sarebbe stato abbandonato nel locale la sera del 20 marzo:Mario dice a Spataro di aver lasciato l'impermeabile nel bar venerdì 17 marzo,il giorno prima dell'omicidio del Casoretto. Gli inquirenti esaminano altre posizioni di militanti dell'estrema destra milanese come Luigi Pasquale Brusaferri,19 anni,a cui il 23 marzo 78 la Digos perquisisce l'abitazione.E' un attivista del Msi,frequenta via Mancini,la sede storica del partito e si impegna nella diffusione del Secolo d'Italia. Nell'aprile del 77 è coinvolto nell'inchiesta sull'omicidio di Gaetano Amoroso e arrestato perché trovato con un coltello a serramanico.La polizia sequestra nella sua casa un giubbotto color nocciola ma Brusaferri afferma di averne indossato uno di color blu di proprietà dell'amico Alfonso Pasquale,scambiato con quello nocciola una settimana prima dell'omicidio di Fausto e Jaio.Viene interrogato Pasquale che conferma la versione di Luigi Brusaferri.Tutti frequentano il Bar Pirata di via Pordenone,un luogo chiaccherato nel quartiere. Sull'utenza del bar il magistrato Armando Spataro ordina le intercettazioni telefoniche.Il lavoro viene affidato agli uomini di polizia giudiziaria dietro regolare richiesta.Per quindici giorni il telefono viene tenuto sotto controllo. Così i poliziotti sentono parlare di impermeabili chiari e ascoltano la voce tremolante di Mario Bortoluzzi che,in stato di fermo dopo che gli sono state trovate armi in casa,telefona al Bar Pirata dicendo di aver bisogno di un avvocato."Trovatemi al più presto un legale"- strilla dall'altra parte del telefono.Bortoluzzi,secondo le trascrizioni degli operatori,parla prima con la signora Natalina Mazzocchi,proprietaria del bar che si lamenta con lui perché un impermeabile di un certo Gigi Cris era stato lasciato nel locale e protesta per un "certo lavoro" avvenuto.

C'è un altro personaggio che entra nei verbali di chi indaga sul delitto del Casoretto.Gianluca Oss Pinter,26 anni,è conosciuto dai gruppi della Nuova Sinistra come un fascista .La sera del 18 marzo si trova in Piazza Durante:avvertito dell'agguato di via Mancinelli si precipita,pure lui, sul luogo del delitto.Sembra confuso e spaventato,quasi temesse ritorsioni da parte dei ragazzi del Centro Sociale e sparisce dalla circolazione in pochi secondi.Poche ore dopo si presenta spontaneamente da Spataro e racconta di temere di essere individuato come possibile mandante dell'uccisione di Fausto e Jaio.Mette agli atti un racconto inedito." Giorni prima un gruppo di giovani con il volto coperto da fazzoletti rossi si è avvicinato aggredendomi.Ero in compagnia di Michele Damato.Ero stato accusato di spacciare eroina nel quartiere".Oss Pinter afferma di aver conosciuto Iannucci una decina di giorni prima e di conoscere Fausto Tinelli.Secondo alcune voci raccolte in quartiere Oss Pinter sarebbe stato udito venerdì 17 marzo fare il nome di Tinelli come uno dei responsabili di quel pestaggio. Danila respinge le accuse,ancora oggi."E' falso.Molte testimonianze hanno escluso che Fausto e Jaio avessero partecipato al pestaggio di Oss Pinter,è una macchinazione di chi voleva sminuire la figura dei due ragazzi uccisi".Vi è poi un'altra circostanza:nei giorni precedenti l'omicidio indossa un berrettino da marinaio blu,identico a quello trovato sotto il corpo di Jaio la sera del 18 marzo.Il cappello è un indizio importante nelle inchieste. Alberto Ibba, scrittore milanese,nel suo "Leoncavallo:1975-1995,Venti anni di storia autogestita" spiega bene il particolare."Qualche giorno dopo l'assassinio,al dottor Spataro che si occupa del caso,i ragazzi del centro portano un cappellino blu sporco di sangue ritrovato sotto la montagna di fiori in via Mancinelli.Di chi è quel berretto?E' possibile che sia stato dimenticato sul posto?O qualcuno lo ha dimenticato successivamente?Ma soprattutto sono state fatte analizzare le macchie di sangue? E i capelli?Troppe grossolane mancanze".Carmine Scotti della Digos ammette che il copricapo non è stato analizzato."C'erano perfino dei capelli biondi-mi racconta Carmine Scotti della Digos di Cremona. Ma c’è qualcosa in più. Il cappello blu non è più reperibile nell’Ufficio Corpi di reato del Tribunale di Milano. Nel decreto di archiviazione della dottoressa Clementina Forleo c’è la conferma:"Va sul punto evidenziato come il berretto di lana trovato sul posto del fatto era intriso di sangue e del tutto analogo a quello notato addosso all’Oss Pinter nei giorni precedenti,non verrà mai sottoposto ad alcun accertamento risultando,a un certo punto dell’indagine,non più presente tra i reperti della stessa. Nell’88,infatti,a seguito di apposita richiesta del giudice istruttore,il responsabile dell’Ufficio Corpi di reato dichiarava che il berretto in questione non era stato rinvenuto e che con ogni probabilità era stato eliminato per motivi di igiene in seguito ad alluvioni che avevano colpito il luogo in cui lo stesso era custodito."

E' accertato che nelle settimane precedenti nel quartiere Casoretto si avvertiva un clima surriscaldato negli ambienti della destra eversiva.Ci sono scritte minacciose rivolte a militanti della sinistra.Proprio sotto casa di Fausto Tinelli compare una grossa scritta:"tutti quelli del Casoretto devono morire".Verso la fine di febbraio una macchina,mini minor color rosso,era sfreccia davanti al Centro Sociale Leoncavallo e dalla vettura gridano " sporchi rossi vi ammazzeremo tutti".La stessa vettura viene notata aggirarsi nei paraggi del Centro.Una mini minor rossa seguirà nei giorni precedenti il 18 marzo Danila Tinelli mentre si reca alla parrocchia del Casoretto per battezzare Bruno,il suo unico figlio rimasto.Un discorso particolare va fatto per ciò che concerne la perizia balistica.Mauro Brutto dell'Unità è il primo cronista che indaga sull'arma che uccide in via Mancinelli.Parte da quel proiettile schiacciato trovato sul marciapiede."Dopo due giorni dovrebbe essere il dato minimo acquisto dalle indagini invece in un primo momento è stato detto che il proiettile era di calibro 38 special.Poi la notizia è stata smentita perché il calibro doveva essere un 7,65.Passata qualche ora viene detto che si tratta di un 38 special.Infine il proiettile,dopo la nostra insistenza,è tornato ad essere un 7,65.Quando è stato fatto notare al magistrato che sul luogo del duplice omicidio non sono stati trovati bossoli,che quindi e' plausibile pensare che fossero state utilizzate pistole a tamburo e che non esiste nessuna arma di questo tipo di calibro 7,65 sul suo volto si è dipinto un certo imbarazzo"

Il perito balistico scelto è Teonesto Cerri,ora defunto.Lo stesso che fa brillare nel ’69 l’esplosivo contenuto in una valigetta,ritrovata alla Banca Commerciale di Milano,poco dopo la strage di Piazza Fontana.una prova schiacciante che avrebbe aperto fin da subito i veri scenari della strategia della tensione.Traccia un esame che esternamente sembra accurato ma poi presenta defezioni grossolane."Il duplice omicidio venne effettuato mediante una sola arma da fuoco calibro 7,65,utilizzando proiettili mantellati di fabbricazione Winchester.La canna dell'arma ha una rigatura composta da sei righe destrorse".Umberto Gay e Fabio Poletti sono esperti di armi.Il loro puntuale lavoro di cronaca arriva a smontare pezzo dopo pezzo la perizia ufficiale."Dall'esame dei segni lasciati dalla rigatura della canna-scrivono i colleghi-non si deduce solamente,come è stato fatto,la cosiddetta identità specifica che indica che due o più proiettili confrontati tra loro siano o non siano sparati con la medesima arma :si può rilevare le caratteristiche di classe dell'arma che li ha sparati.Le caratteristiche di classe si ottengono dall'esame dei segni macroscopici lasciati dalla rigatura variano in maniera consistente tra marca e marca.Ad esempio la larghezza delle righe di produzione Beretta è molto diversa da quella di una canna di pari calibro di produzione Valther".Nel testo di Cerri manca la descrizione del revolver Smith & Vesson calibro 44 Magnum con cinque cartucce trovato addosso ad Antonio Mingolla,di due bossoli e di un certo numero di cartucce calibro 19 e 7,65 trovate nell'abitazione dei fratelli Bortoluzzi.Sia sulla Beretta calibro 7,65 che su quella 6,35 mancano le indicazioni del modello,visto che l'azienda Beretta ha prodotto armi a partire dal 1915.Risulterebbe sommario l'esame dell'unica pistola che avrebbe potuto sparare quella sera in via Mancinelli,la Beretta 7,65,matricola AO4667W trovata sempre a casa dei fratelli Bortoluzzi."Dalla perizia si rileva dapprima che fortemente deformata e priva di guancine e poi si conferma che la trasformazione è dovuta al martellamento e non è stato possibile effettuare lo smontaggio ne precisare l'epoca dell'ultimo sparo. A giudicare dal numero di matricola,dovrebbe trattarsi di una Beretta modello 70,di produzione poco successiva al 1968,anno in cui l'azienda passò dal sistema di matricolazione a una lettera a 5 o 6 cifre a quello attuale con 5 numeri preceduti e seguiti da una lettera.E' una pistola che è stata costruita in migliaia di esemplari,con fama di ottima affidabilità e una capacità di caricatore di 8 cartucce.Purtroppo di questa pistola in reperto manca una documentazione fotografica che consenta di apprezzare l'entità delle deformazioni che ha subito.Del resto non ha senso cercare di distruggere la possibilità di esaminare un'arma a meno che non vi sia un motivo preciso per farlo"(Dal dossier di Gay e Poletti)

La polizia sequestra ad alcuni neofascisti del Casoretto due impermeabili bianchi e tre giubbotti marroni.Non viene eseguita la prova del guanto di paraffina anche se tecnicamente e' fattibile a Pavia.Si possono ricercare tracce di pulviscolo di antimonio proveniente dagli inneschi delle cartucce che al momento dello colpo si diffonde nell'aria depositandosi sulla mano e sul braccio di chi spara.Le inchieste di Polizia giudiziaria di Milano si fermano qui.Il 5 luglio 1978 una delegazione di "mamme antifasciste del Leoncavallo" interpella telefonicamente l'ufficio dell'allora presidente del Tribunale di Milano Piero Pajardi.Chiedono che sia fatta luce sull'omicidio. Dall'altra parte della cornetta la segretaria risponde che "l'istruttoria pende presso la locale Procura della Repubblica,non ha natura politica essendo emersi fatti di droga".Qualche me se più tardi la tesi viene confermata dallo stesso Pajardi.Il tam tam della controinformazione è incessante.Migliaia di ragazzi raccolgono le informazioni che poi vengono vagliate dalle redazioni di alcuni giornali.E' una rete,la stessa che in quel quartiere costruisce la mappa dello spaccio di eroina.Per il quotidiano Lotta Continua di venerdì 9 marzo 1979 "non si tratta di stasi delle indagini,il disinteresse di polizia e magistratura è solo apparente in quanto nasconde la volontà di non arrivare in tempi celeri alla verità".Per Gay e Poletti "le colpe dell'Ufficio Istruzione e del Tribunale di Milano sono gravi,anzi gravissime".Il fascicolo di Armando Spataro finisce nelle mani dei giudici istruttori Graziella Mascarello,Attilio Barazzetta.Fino a Guido Salvini .Mascarello e Barazzetta non sono mai stati messi nelle condizioni idonee per lavorare con serenità sul caso.Senza strumenti informatici che avrebbero potuto dare un accelerazione alle indagini, i due magistrati vengono isolati,pressati da decine e decine di istruttorie meno importanti,con imputati vivi,magari detenuti.Lavorano nei ritagli di tempo o per scelta volontaristica.Le cose vanno meglio per Guido Salvini,giudice istruttore che è giunto a un millimetro da una verità provata nell'omicidio di Fausto e Jaio.

Salvini è un grande conoscitore dei misteri d'Italia.In questi anni ha lavorato senza tregua ricostruendo i meccanismi della strategia della tensione nell'inchiesta su Piazza Fontana e sull'eversione nera in Italia.Ci sono voluti quattro anni di indagini svolte sull'attività di gruppi eversivi,contenute in 626 pagine di ordinanza.Descrive lo scenario in cui avvenne la strage del 12 Dicembre 1969 da dove partì l'attività dei gruppi terroristici di isprazione fascista. Salvini lavora duro anche sul caso di Fausto e Jaio.Le intuizioni di Armando Spataro,Carmine Scotti,Mario Amato riempiono gli scaffali del suo armadio dove è racchiuso gran parte del materiale documentale.Le sue intuizioni sono determinanti. C'è la consapevolezza di chi indaga per davvero e conosce i meccanismi politici e militari che spingono settori della destra eversiva romana a uccidere Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci.Sono anni di interrogatori serrati,confronti in carcere.Si hanno indizi,non prove.Umanamente Salvini non dimentica quei volti che ogni anno si presentano nei suoi uffici per cercare risposte concrete,anche solo mezze frasi che possano dare speranza a chi è stato offeso.Ha un rapporto speciale con le mamme del Leoncavallo,soprattutto con Danila Tinelli.Il 22 febbraio 1991 si ritrovano tutte insieme a Palazzo di Giustizia.Dice Salvini ."Sto facendo di tutto ma per me è difficilissimo perché se uno è fuori va subito dentro,se è dentro gli cadono i benefici per buon comportamento.Chi parla se è dentro parte da zero.(tratto da un documento stenografico della conversazione realizzato dalle mamme del Leoncavallo).Una di loro chiede perché i fascisti non hanno mai rivendicato l'omicidio di Fausto e Jaio?."Per due ragioni-dice il giudice- perché è vergognoso,non è lotta contro lo Stato,perché tre o quattro sono in galera ma almeno un paio sono ancora fuori".Passa più di un anno dalla prima visita e le mamme tornano alla carica da Salvini.E' il 18 marzo 1992."L'omicidio viene rivendicato con la sigla Nucleo Franco Anselmi.Non fu l'unica volta.Venne fatta una rivendicazione dopo un attentato ad una sede del Pci a Roma.Anselmi morì durante una rapina all'armeria di Danilo Centofanti,la più grande di Roma.Fu un'azione per il reperimento delle armi. Anselmi venne ucciso dall'armiere.Si è evidenziato che le persone che ho indiziato ed altri che magari non andranno a processo avevano messo una bomba nella stessa armeria dove morì Anselmi,nel maggio 1978.Anselmi muore il 6 marzo,il 18 uccidono Fausto e Jaio e dopo mettono una bomba nella sede del Pci e nell'armeria.Le sigle sono identiche,quella usata per il delitto del Casoretto e per la sede comunista.Un pò diversa quella usata per l'armeria.Intorno a Giusva Fioravanti circolano sette,otto persone tutte legate a Franco Anselmi.Si firmarono così poi il gruppo verrà sciolto.Valerio non ha partecipato all'omicidio perchè era agli arresti a Pordenone.Ho interrogato diverse volte sia Giusva che Francesca Mambro ma non mi hanno mai detto niente,sono rimasti sempre senza fiato.Io penso che a Milano siano venuti due di loro,quelli più vicini a Franco Anselmi.Potrebbero essere stati loro,a Milano erano di casa.Al momento,però,non potrei fare un accusa di omicidio perchè non ci sono prove.Valerio ha tentato di uccidere il militante dell'Autonomia Operaia Andrea Bellini mentre i due arrivati il 18 marzo 78 da Roma misero la bomba nell'armeria.L'omicidio di Fausto e Jaio nasce dopo la morte di Franco Anselmi,a lui erano legati,lo sentivano come una parte di loro.Nasce dunque da una cosa personale.Dei tre uno è passato alla malavita super,alla Banda della Magliana ed è accusato dell'omicidio Pecorelli,eseguito con altissimo livello professionale.Gli assassini avevano la struttura del militante non del mafioso che avrebbe adottato un rituale del tutto diverso.Portavano trench chiari,esattamente come i Nar,impermeabili che consentivano di coprire armi lunghe,mezzi fucili,mitragliette.Nel gruppo Nar era consuetudine utilizzare la tecnica del sacchetto di plastica per trattenere i bossoli.Si vedeva già allora che non era cosa da malavita.Io ho girato l'Italia in lungo e in largo,interrogato centinaia di persone ma non mi do per vinto".(Tratto da una registrazione sonora del colloquio tra le mamme del Centro Sociale Leoncavallo e il giudice Guido Salvini e dalla trascrizione stenografica che il Centro ha realizzato)Salvini ha ascoltato gran parte dei protagonisti dell'eversione romana ma su Fausto e Jaio nessuno sembra aprirsi.Ancor oggi.


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