Liquida

QUELLA SERA IN VIA MANCINELLI

by on Mar.15, 2006, under Fausto e Iaio

   

La strada e’ buia.Un vento di marzo sposta il lampioncino in fondo a destra,lo fa dondolare come un’altalena.Nel silenzio si ascolta solo la voce del telegiornale da poco iniziato.Una voce metallica che viene da qualche casa con le finestre aperte.Il conduttore parla del rapimento Moro,dell’uccisione della scorta avvenuta due giorni prima a Roma,delle inchieste iniziate in fretta e furia.Il silenzio maschera il rumore sordo di passi veloci.Loro sono due ragazzi che vestono come una volta:jeans scampanati,camicione a quadretti,giubbotti con le frange,capelli lunghi.Di sabato,a quell’ora, percorrono la strada che divide in due il quartiere Casoretto,via Mancinelli.Trecento metri senza luce,un luogo poco frequentato,di sera come di giorno,buio,scuro.Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci,parlano di Moro e di viaggi,di quei sogni che ogni ragazzo ha in testa a diciotto anni.Il risotto di Danila,la madre di Fausto,li attende fumante.Fausto non sopporta quando Jaio arriva in ritardo agli appuntamenti."La prossima volta me ne vado,non ti aspetto più- dice all’amico ."Cerca di essere più elastico-risponde Lorenzo.I passi si fanno più intensi e i pensieri corrono veloci come razzi.Un pezzo di vita scorre come la trama di un film e i ricordi prendono il sopravvento.Quei sabati al Parco Lambro con le chitarre,sognando un po’ di California,ad ascoltare chi tornava da mete lontane ognuno con la sua piccola verità.Ricordi che si rincorrono come le chitarre di Crosby,Stills,Nash e Young.Le voci degli amici ,delle ragazze,delle lunghe discussioni politiche.Le prime esperienze con le donne consumate in poche ore,la fretta di correre lontano e di fuggire via da Milano.Il suono della chitarra di Jaio,ricevuta in regalo dallo zio solo due anni prima. E quei progressi fatti dai primi timidi accordi alle canzoni vere e proprie imparate su manuali di contrabbando.Le feste al Leoncavallo,i concerti di jazz ,il bar,spettacoli teatrali di compagnie che vengono da lontano.Il blues di Jaio e i Rolling Stones che Fausto ama tanto ascoltare. All’altezza del portone dell’Anderson School i passi d’improvviso si fermano.Fausto e Jaio avvertono il pericolo,si voltano intorno per chiedere aiuto.Intorno a loro c’è il vuoto, la solitudine. Così due giovani dall’accento romano si avvicinano con fare sbrigativo.Li bloccano.Ora i quattro si trovano faccia a faccia.Si fa avanti uno con l’impermeabile bianco e il bavero alzato,avrà diciotto,vent’anni."Siete del Centro Sociale Leoncavallo?-dice con voce squillante. Lorenzo e Fausto si guardano,sono increduli.Non rispondono.Il senso di due vite si spegne sotto i colpi di otto proiettili Winchester,7,65,sparati da un professionista. Un’esecuzione. I corpi si accasciano a terra.Il primo a cadere è Fausto .Il proiettile lo colpisce all’addome; gli altri tre in rapida successione all’emitorace sinistro,al braccio destro e alla regione lombare sinistra..Lui compie una torsione su sé stesso .Un quinto proiettile lo raggiunge di striscio bucando gli indumenti.Poi tocca a Lorenzo,Jaio per gli amici.Tre colpi lo fanno crollare sul marciapiede:Fausto è riverso sul piano stradale mentre Jaio è a breve distanza,centrato più volte mentre tenta una fuga impossibile.Dopo quei colpi che sembrano petardi scende un silenzio irreale.La strada si fa ancora più scura e nel buio scappano gli assassini.Polizia e carabinieri ammetteranno che si tratta professionisti,che nulla è stato lasciato al caso. Killer che avevano già sparato altre volte:conoscevano le armi,come utilizzarle senza silenziatori.Due ragazze appena entrate dall’oratorio,si affacciano dalla finestra e notano tre persone fuggire e due corpi riversi in una pozza di sangue.Alla polizia diranno che avevano sentito come dei petardi.Anche la perpetua della chiesa, che in quel momento si trova nell’abitazione che dà su via Mancinelli,intuisce che qualcosa non va e avvisa il parroco,Don Carlo Perego,uno di quei preti di quartiere che ha visto crescere tutti i ragazzi in un’unica strada.Si avvicina,riconosce Jaio e Fausto.Si china come in un atto di pietà e raccoglie il corpo mancante di Lorenzo Iannucci che gli spira tra le braccia:Poi in un momento di lucidità torna a casa e avvisa il 113.Don Perego piange come un bimbo,si dispera.Pensa a quanto sia ingrata la vita."Perché proprio loro?-continua a chiedersi."Erano così giovani,non avevano mai fatto di male a nessuno.Fausto veniva ancora sul campetto dell’oratorio insieme con Lorenzo e io li facevo entrare purché si limitassero a giocare al pallone e non parlassero con i nostri ragazzi di politica".Detta queste parole mentre la via inizia a brulicare di persone.Ragazzi come loro,di quel quartiere nella periferia est di Milano che frequentano il Centro Sociale Leoncavallo.Nel quartiere c’è chi offre la sua versione."Quella via era un pericolo-grida un conducente dell’autobus appena rientrato nella vicina rimessa dell’Atm di via Teodosio.Una ragazzina si scansa dal gruppo e piange.Il corpo di Lorenzo e’ ancora coperto da un lenzuolo bianco mentre quello di Fausto viene trasportato all’Ospedale Bassini in un disperato tentativo di salvarlo. C’e’ un via e vai di gente di ogni tipo.Ragazzi del Centro Sociale si mischiano ai tanti abitanti del Casoretto che vengono a rendere omaggio a due giovani delle loro strade.Giornalisti armati di taccuini cercano una verità credibile ma le fonti istituzionali percorrono disordinatamente piste di ogni tipo. C’è chi mette le mani avanti.Il capo di Gabinetto della Questura Bessone si lascia andare,parla a braccio con alcuni cronisti ."E’ chiaro.Si tratta di un regolamento di conti,una faida fra gruppi della nuova sinistra o inerente al traffico di stupefacenti":Nessuno gli crede.Ci guardiamo stupiti.Traffico di stupefacenti?Faide tra gruppi?La matrice di destra di quell’omicidio e’ ben chiara ,viene sussurrata da molti quella sera ma non ci sono prove.Gli assassini agiscono con la massima sicurezza. Così come altrettanto certa risulta la loro provenienza. I tre scappano verso il Centro Sociale Leoncavallo anziché fuggire verso la più vicina Piazza San Materno.Forse perché non conoscono la città.Molti assistono alla dinamica dell’agguato.Lo si saprà più tardi analizzando le varie controinchieste che Lotta Continua,Avanguardia Operaia e il Movimento Lavoratori per il Socialismo.Vicina ai killer si trova una testimone oculare,Marisa Biffi.Mette a verbale ciò che ha visto.(Agli atti delle inchieste dei giudici Spataro,Barazzetta ,Mascarello e Salvini).

"Tre ragazzi sono in piedi sul marciapiede e si trovano a 5-6 metri da me.Contemporaneamente un altro giovane e’ leggermente piegato e si comprime lo stomaco con entrambe le mani. Odo tre colpi attutiti che lì per lì sembrano petardi tanto che penso che quel gruppo di quattro persone sta scherzando. Non vedo alcuna fiammata di arma da fuoco. I tre giovani sul marciapiede scappano velocemente mentre quello che e’ piegato su se stesso cade in terra.Solo allora comprendo che e’ successa una cosa pazzesca e mi avvicino al giovane caduto anziché entrare subito nella parrocchia.Scorgo la fisionomia di un ragazzo steso per terra in una pozza di sangue.Subito oltre il suo corpo e quindi più vicino alla via Leoncavallo,c’è davanti a me, ad un paio di metri, il corpo di questo ragazzo che prima non avevo visto né in piedi né a terra.Posso senz’altro affermare che quello che cade per primo e’ Lorenzo Jannucci mentre quello già steso a terra e’ Fausto Tinelli.Nessuno dei due ragazzi pronuncia alcuna parola,neppure un’invocazione di aiuto.Altrettanto fanno gli assassini che fuggono nel silenzio,avviandosi verso via Leoncavallo.Escludo di aver visto mettersi in moto una macchina verso via Mancinelli, subito dopo gli spari.Noto che il giovane con l’impermeabile ha un sacchetto che sembra di cellophane bianco in mano.Mi pare che lo abbia diretto verso il killer che si contorce e che entrambe le mani stanno dentro il sacchetto.Il giovane sta sparando verso Jannucci .Non ho visto altri sacchetti nelle mani dei due giovani e non ho neppure visto alcuno di loro assumere un atteggiamento quale quello che può assumere uno sparatore.Secondo me allo Jannucci spara una sola persona.Forse i colpi sono attutiti da un arma dotata di silenziatore .Ripeto :ho la netta impressione che il sacchetto bianco sia di plastica e che l’assassino vi tenga le mani dentro".

Il pomeriggio per Fausto e Jaio inizia tardi,come ogni sabato.Fausto esce dal portone della sua casa in via Montenevoso 9 alle 16,3O.Molti testimoni interrogati dal magistrato Armando Spataro lo vedono intorno alle 17 al Parco Lambro.Poi dopo aver scambiato qualche battuta con amici si alza dall’erba e se ne va.Sono le 18,3O.Anche Jaio quel pomeriggio si trova nel "pratone" del Parco ma non insieme a Fausto:Lorenzo si dilegua alle 17 mentre Fausto arriva.Si reca in Piazza Duomo dove lo attende Celina Hernadez,la sua ragazza.Vanno a spasso insieme,mano nella mano come due innamorati;osservano le vetrine del centro,entrano in un bar, poi alle 19 prendono la metropolitana.Da Duomo a Pasteur il tratto è breve,solo una manciata di minuti. Jaio ha un appuntamento,proprio con il suo amico Fausto.Di sabato si usa andare da Danila che cucina bene ed e’ felice di vederli insieme.Si trovano in trattoria,quella che sta davanti al Centro Sociale Leoncavallo,La Creuta Piemonteisa.Celina torna a casa.E’ l’ultima volta che bacia il suo Jaio.Fausto arriva un pò in anticipo.Alle 19 si siede vicino all’entrata con Maurizio.Si ride,si parla.Si tira mezz’ora poi dalla porta spunta Jaio,sorride,si scusa."Capitemi anche voi-dice mentre guarda verso Fausto."Capisco,capisco ma ora c’è il risotto,altrimenti Danila si arrabbia e ha tutte le ragioni di questo mondo".Sono le 19,35.Passano pochi minuti e Fausto e Jaio escono dal locale.Una ragazza del Centro dichiara che fuori dalla trattoria,che ha dei teli sulle vetrine,si vedono come delle ombre cinesi che si allontanano.Nel locale gli avventori notano la presenza di tre individui mai visti prima di allora.Hanno circa vent’anni, alti un metro e settanta.La descrizione combacia perfettamente con quella degli assassini.Secondo la ricostruzione di due giornalisti di Radio Popolare,Umberto Gay e Fabio Poletti,i due ragazzi non entrano subito da via Mancinelli ma per un motivo ancora inspiegabile" si incamminano lungo via Lambrate in direzione di Piazza San Materno per poi risalire lungo via Casoretto".La circostanza smentisce almeno tre controinchieste del Quotidiano dei Lavoratori,Lotta Continua e La Sinistra.Lc di venerdì 24 Marzo 1978 scrive che "gli assassini li attendevano fuori dalla trattoria e dopo aver visto Fausto e Jaio uscire e imboccare via Mancinelli sono saliti su una moto e una macchina che ha girato intorno all’isolato del deposito ATM Teodosio che si percorre a piedi in cinque minuti mentre dalla trattoria al luogo dell’agguato,due persone che parlano tra loro ci impiegano lo stesso tempo".Anche il quotidiano dell’MLS, La Sinistra, si cimenta in una ricostruzione analoga."Dopo essersi accertati della presenza dei giovani del centro sociale nella trattoria,magari appostandosi nella stessa via Leoncavallo con le vetture,gli assassini avrebbero aspettato che qualcuno di questi imboccasse via Mancinelli per far scattare la trappola:con i mezzi il commando si sarebbe fatto trasportare in via Casoretto-Piazza San Materno percorrendo via Teodosio o via Lambrate in tempo per scendere dalle vetture e incrociare Fausto e Jaio in via Mancinelli".Gay e Poletti portano nuove prove alla loro tesi. C’è la testimonianza dell’edicolante all’angolo tra via Casoretto e via Mancinelli.Li sente parlottare."Commentavano i titoli delle edizioni straordinarie dei giornali sul caso Moro"-dice con assoluta certezza."Si sono fermati per pochi secondi poi sono andati verso il deposito dell’Atm".Sono le 19,55, qualcosa li attira dentro via Mancinelli.Ad attenderli ci sono i killer. Sono in tre.Due hanno l’impermeabile bianco con il bavero alzato.L’altro indossa un giubbotto marroncino chiaro,di finto cammello.Formano un capannello davanti al portone dell’Anderson Scholl. Gay e Poletti sostengono che almeno uno degli attentatori e’ conosciuto ai ragazzi.Ma Ornella Rota della Stampa ,il 22 marzo 1978 dice che Marisa Biffi,la testimone oculare,vede i cinque fronteggiarsi per pochissimi istanti 

"Potrebbe confermare che prima di sparare gli assassini hanno voluto assicurarsi che Lorenzo e Fausto fossero del centro sociale".Ci sarebbe un altro teste,un certo Tiziano.Abita in via Casoretto 8.Esce di casa poco prima delle 20,riconosce Fausto e Jaio che imboccano via Mancinelli.Li saluta.Bastano pochi secondi per capire ciò che sta per accadere.Vede due giovani che corrono in direzione di via Casoretto,come se fossero appostati nella piccola rientranza tra l’edicola e l’angolo della via. I due corrono velocemente.Uno prende al volo l’autobus 55,porta un giubbotto marroncino,capelli ricci,castano chiaro. L’altro si guarda intorno,lo accoglie un attimo di indecisione.Poi si allontana in via Accademia.Verso le 20 un anziano passante scorge un movimento strano.All’angolo tra via Casoretto e Piazza San Materno giungono una macchina e una moto che si fermano solo il tempo necessario per far scendere tre giovani,due con l’impermeabile chiaro e il bavero alzato,uno con il giubbotto.Il commando era dunque formato da cinque persone.Due coprivano i tre killer dentro via Mancinelli.Dovevano per forza conoscere la zona,forse ci abitavano pure.Avevano condotto i killers venuti da fuori nel luogo del delitto poi,a lavoro finito,si sono dileguati nel nulla.Gay e Poletti,nel loro dossier del marzo 1988,ricordano che" i due giovani visti da Tiziano non sono stati notati da Marisa Biffi,la cui attenzione era attratta dal gruppo dentro a via Mancinelli."


 
 




In quella via Fausto e Jaio trovano la morte.I tre assassini sono armati ma solo uno,il più grande del gruppo,quello più esperto estrae una Beretta 😯 ed esplode otto colpi calibro 7,65 con proiettili mantellati di tipo Winchester.I ragazzi del Casoretto sono proprio davanti all’assassino,lo guardano in faccia.Lui spara a freddo,prendendo accuratamente la mira,incurante del tempo che passa e dei testimoni che possono riconoscerlo mentre i due complici lo proteggono a breve distanza.Uno di loro ha in mano una calibro 9.L’arma che uccide è automatica e il sacchetto di cellophane o di tela visto da Marisa Biffi è senza dubbio uno stratagemma per evitare l’espulsione dei bossoli.Un sistema diffuso negli ambienti della malavita romana .Così si spiegherebbe la contraddizione tra il rumore prodotto dalla pistola,descritto da quasi tutti i testi come attutito o scambiato per mortaretti e petardi,con l’impossibilità di utilizzare un silenziatore su una pistola a tamburo,cosa invece possibile per un’automatica.Qualche ora dopo l’omicidio viene rinvenuto,come scrive il giovane cronista dell’Unità Mauro Brutto,un proiettile schiacciato che era accanto al corpo di Jaio.Nessuno lo ha notato,e’ posto in una rientranza del marciapiede. Mauro sa che quella è una prova in grado di indirizzare gli inquirenti sulla pista giusta."Riconoscere a prima vista il calibro di un proiettile schiacciato non è cosa facile neppure per un esperto".

Anche sulla dinamica dell’omicidio Brutto prova a tracciare un suo identikit del killer.Lo fa da esperto giornalista di nera preso da una forte emozione : quella storia di ragazzini di quartiere ammazzati in modo barbaro lo ferisce."E’ stato possibile compiere una prima analisi sui due corpi che riconferma la ferocia degli assassini e la chiara volontà di uccidere.Iannucci è stato raggiunto da due colpi alla gola,sparati dal basso verso l’alto,come se il killer avesse estratto la pistola improvvisamente,mentre era a lui vicino.Sul corpo di Tinelli sono stati contati 7 fori di entrata:due al torace,uno nella regione ascellare destra,uno all’inguine dalla parte destra,uno al braccio destro,uno al gluteo destro e l’ultimo al fianco destro.E’ evidente che ha continuato a sparare al giovane anche dopo che era caduto a terra".Mauro parte di prima mattina,controlla le sue fonti,passa più tempo a verificare i fatti che a scriverli.Fuma sessanta Golois senza filtro al giorno.Era un cronista di strada.Di sera torna in redazione.Me lo ricordo.Toglie il suo impermeabile rigorosamente bianco,mette sul tavolo le lattine di birra e i pacchetti di sigarette.Rimane lì fino a tardi,con la sua luce fissa e migliaia di carte che incolla.Sono appunti ,brogliacci,fogli."Poi quando penso di essere alla fine della mia inchiesta li srotolo e tutto mi sembra più chiaro".Mauro e’ arrivato molto vicino alla verità.Quel caso lo appassiona più di ogni altro.Dal 18 marzo 1978 lavora giorno e notte,come un infaticabile macchina cerca-notizie.Lo dirà anni dopo a Danila,la mamma di Fausto:"Ebbi l’impressione che fosse giunto al termine della sua inchiesta"-ricorda con tanta commozione."Mauro venne a casa mia come un amico di lunga data.Stava lavorando sul connubbio tra trafficanti di eroina,fascisti milanesi e romani,apparati dello Stato,me lo aveva confidato".Disse che "la verità di Fausto e Jaio non era così chiara come qualcuno voleva farla apparire".Ora Mauro non c’è più ma le sue intuizioni rimangono stampate nero su bianco.Una auto bianca lo investe in circostanze misteriose in via Murat ,alle 20,45 del 25 novembre 1978,pochi mesi dopo l’omicidio del Casoretto mentre ,pochi minuti prima ,si era recato in un bar ad incontrare una persona rimasta senza volto,probabilmente una fonte.Quel giorno che morì, secondo l’amico e collega Beppe Ceretti ,"doveva recarsi a Lambrate e in Piazza Maciachini".Esce dalla sua macchina,una Cytroen Pallas rosso amaranto ed entra nel bar tabacchi in via Murat all’altezza del numero 36.Rimane il tempo per comprare due pacchetti di sigarette,le sue Golois,beve un aperitivo poi schizza fuori.Supera la prima metà della strada,proprio sulla striscia bianca che divide le carreggiate.Guarda da una parte,c’è una Fiat 127 rossa,attende il passaggio ma nella direzione opposta appare una Simca 1100 bianca che viaggia a 70 chilometri all’ora.

La macchina punta su Mauro,lo coglie di striscio,quanto basta per farlo finire sotto le ruote del 127 che lo travolgono schiacciandogli cranio e torace.Questa almeno rimane la versione ufficiale.Molti non credono alla tesi dell’incidente.Dario Brutto,il fratello di Mauro,non si è dato pace fino a poco prima di morire d’infartoi."E’un omicidio,la tipica dinamica di un falso incidente.Solo mafia o uomini dei servizi possono colpire in quel modo".Dario fa l’avvocato.Spende parte della sua vita per trovare una verità sul caso di suo fratello che ,per molti versi,si interseca con quello di via Mancinelli.Mauro indaga su Fausto e Jaio da diversi mesi.E’ un caso diverso da quelli che abitualmente gli toccano in cronaca:le bische clandestine di Francis Turatello,i traffici di Epaminonda,il rapimento di Cristina Mazzocchi.E ancora droga,racket ma anche inchieste di straordinaria lucidità sul terrorismo e sulla delinquenza politica.Lui aveva capito che per afferrare brandelli di verità bisognava lavorare senza tregua componendo assieme infiniti dettagli.Nella sua casa si ritrovano giovani cronisti che tentano di accostare pezzo dopo pezzo quell’intricato puzzle fatto di indizi.Umberto Gay parla di quel lavoro."La controinformazione era rischiosa perchè dovevi andare spesso a cercare le fonti nel campo avverso ed eri comunque un soggetto facilmente identificabile.Questo lavoro mi ha fatto conoscere Mauro Brutto,fu lui che influenzò in modo decisivo la mia decisione di fare il giornalista d’inchiesta. Mauro fu il primo ad occuparsi del caso di Fausto e Jaio,cercando di capire il motivo di quell’agguato e i risvolti oscuri della vicenda.Se ne occupava in tutti gli spazi liberi di tempo.Aveva lavorato in precedenza per una rivista francese della sinistra,Maquisard,il partigiano.Il suo lavoro iniziale è risultato fondamentale per la riuscita del nostro dossier.Io vorrei ricordare che Mauro Brutto morì investito da un’automobile,una Simca 1100 di cui non si è saputo più nulla.Malgrado fosse molto stimato e conosciuto negli ambienti della Questura milanese,furono svolte poche indagini per accertare le circostanze che determinarono la sua morte.Se dovessimo redigere un documento ufficiale diremmo che Mauro Brutto è stato ucciso da un’auto pirata,ma ci sono molte cose che non convincono,sulla dinamica dell’incidente".Quella sera in via Murat il corpo di Mauro finisce sotto la 127.Alla guida c’era Aldo Barbieri,lì accanto sua moglie Daniela.Il racconto del signor Barbieri è fin troppo preciso."Stavo percorrendo via Murat in direzione di via Marche,quando all’altezza del numero civico 38 ho visto il pedone che attraversava la carreggiata proveniente da sinistra.Ho lampeggiato ripetutamente e lui si è fermato sulla linea di mezzeria.Nel senso opposto giungeva ad almeno 70 chilometri orari una Simca bianca che invadeva anche la mia corsia e che non ha affatto rallentato,sembrava puntare sul pedone".

In pochi minuti via Murat è piena di volanti della polizia,carabinieri,magistrati.Uno spiegamento esagerato per un semplice incidente. A provocarlo è una misteriosa telefonata al 113,fatta da uno sconosciuto:"Accorrete in via Murat perché c’è stata una sparatoria ".Mauro porta inoltre con sé un grande borsello con la tracolla che,in seguito all’urto,è caduto al centro della corsia opposta a dove giace il corpo.Molti testimoni dicono di aver visto una mini minor rossa passarci sopra e trascinarlo via.In particolare Agostino Ribolla segnala agli agenti di avere sentito il rumore del trascinamento del borsello.Lì dentro ci sono documenti importanti,un vero e proprio dossier : viene ritrovato in via Populonia,a pochi passi da via Murat ma del contenuto scottante non vi e’ più traccia.Brutto Un giorno mentre e’ in via Arquà,nei pressi di via Mancinelli deve sfuggire a tre colpi di pistola.Prende al volo un taxi che lo porta lontano dagli attentatori.E’ andato al Casoretto per l’inchiesta su Fausto e Jaio,forse per incontrare una persona in grado di passargli importanti informazioni.Ciò accade dieci giorni prima di morire.Ma c’è un’altra pista .Mi è stata raccontata da Gerry che per quindici anni ha lavorato alla rivista Maquis,specializzata in terrorismo e servizi segreti internazionali."Mauro Brutto si stava inoltre occupando delle infiltrazioni nelle Brigate Rosse da parte dei servizi italiani.Avrebbe scritto un lungo articolo per la rivista Maquis.Poco prima dell’incidente di via Murat venne avvertito dal giornale che l’inchiesta si faceva un pò troppo pericolosa.Tre giorni dopo una Simca bianca stroncò la sua giovane vita.Strane coincidenze".Due giorni prima di morire ,Mauro si presenta al Nucleo Investigativo dei carabinieri di Milano e cerca il colonnello Gerolamo Cucchetti.Vuole consegnare un dossier su Fausto e Jaio.Rimangono le sue intuizioni sul caso di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci."C’era un vuoto di dieci minuti nella ricostruzione di ciò che è avvenuto sabato 18 marzo in via Mancinelli al Casoretto.Un vuoto che era già apparso come l’elemento risolutivo del caso." -scrive sulle pagine dell’Unità.Qualcuno in Questura aveva fatto circolare la voce che la pistola fosse a tamburo,tipo calibro 32 ma Mauro smonta il tentativo di depistare l’indagine ."E’ un’ipotesi tirata per i capelli come del resto quasi tutte quelle formulate.Non si capisce per quale motivo gli attentatori dovrebbero aver modificato la pistola le cui munizioni,le 7,65,sono normalmente in commercio e facilmente reperibili".Il cronista non è avaro di particolari."C’è almeno un elemento certo nelle indagini sulla barbara uccisione di Lorenzo Iannucci e Fausto Tinelli.I killer per uccidere hanno usato pistole automatiche avvolte in sacchetti di plastica.Per questo motivo sul luogo dell’omicidio non sono stati trovati i bossoli ed i testimoni hanno sentito colpi ovattati.Un particolare che conferma il livello di professionalità:gli assassini non hanno voluto rinunciare al vantaggio della rapidità di tiro fornita da una pistola automatica senza però correre il rischio di disperdere i bossoli e lasciare quindi una traccia che in qualche modo poteva portare a loro.La necessità da parte degli assassini di sfruttare la rapidità di tiro delle automatiche indica che intendevano essere certi di uccidere nel minor tempo possibile per non dare ai testimoni la possibilità di descrivere,anche in modo approssimativo,i loro volti".Un racconto minuzioso. E loro,i killer,dove corrono? Seguiamo i tre in via Mancinelli.Potrebbero tornare verso via Casoretto ma scelgono di percorrere l’intera via,lunga trecento metri,con il rischio di imbattersi in qualche macchina di polizia e carabinieri.Con le armi in mano iniziano la lunga corsa.Si voltano intorno.Scorgono le sagome dei corpi senza vita di Fausto e Jaio,gli voltano le spalle.Uno di loro,quello più alto,lo sparatore si accorge che una donna li ha visti ma è certo che il buio di quella via non avrebbe mai potuto permettere la completa identificazione .Nel silenzio di quella sera si sente il rumore delle scarpe sull’asfalto. I due giovani con l’accento romano , l’impermeabile bianco e il bavero alzato percorrono il marciapiede di sinistra mentre quello con il giubbotto marroncino prosegue a destra. E’una fuga che dimostra la sicurezza di non essere riconosciuti ed eventualmente la decisione di sparare anche su chiunque li volesse fermare.Se fossero scappati verso Piazza San Materno avrebbero trovato bar e trattorie aperte:inoltre davanti al ristorante" Il Faro" staziona una macchina dei carabinieri; via Mancinelli e’ buia e deserta,così come il centro sociale Leoncavallo e’ chiuso,dato che il concerto inizia più tardi.

I killer corrono fin quasi all’angolo con via Leoncavallo. Lì,a pochi metri,c’è l’ingresso a un garage pubblico che conduce anche al retro del Centro.Esce Natale di Francesco,un uomo claudicante, che incrocia i due: dirà poi che avevano tra i 18 e i 2O anni , che erano alti un metro e settanta e indossavano impermeabili chiari. L’altro del commando prosegue sul marciapiede di destra e all’altezza del deposito incrocia una macchina dei carabinieri che procede in senso opposto.Il fatto,decisamente inquietante,viene reso noto da Lotta Continua.Il quotidiano scrive che "mentre i tre,due su un marciapiede e il terzo sull’altro,arrivano quasi in fondo a via Mancinelli,sta entrando in contromano proveniente da via Leoncavallo la prima gazzella dei carabinieri:i tre si mettono a camminare,due entrano mentre passa la gazzella,in un cortile che dà anche sul retro del Centro Sociale:l’altro entra in via Chavez".Se fosse confermata questa versione ,una macchina dei carabinieri avrebbe incrociato per pochi secondi uno degli assassini di Fausto e Jaio senza però fermarlo,chiedergli almeno i documenti.

"Era una voce che avevamo raccolto nella zona da un testimone ma non so dire se corrisponda al vero"-dice il compianto Angelo Brambilla Pisoni,alias Cespuglio, che per il giornale condusse inchieste approfondite.Secondo altre testimonianze mai ufficializzate dalla polizia quello con il giubbotto marroncino avrebbe attraversato via Leoncavallo a piedi e raggiunta via Chavez si sarebbe dileguato con una moto di grossa cilindrata guidata da un complice verso via Padova.

La scena si sposta a pochi metri dal luogo dell’agguato.Sono le 20,05.Una moto sfreccia in Piazza Durante proveniente proprio da viale Padova,incrocia volanti e gazzelle che stanno andando in via Mancinelli.In una cabina telefonica una ragazza capisce che la moto è in difficoltà ,procede a zig zag tra il traffico e un ragazzo con un giubbotto marroncino lancia in una siepe dei giardinetti pubblici una pistola Beretta calibro 9 con il numero di matricola limato,il colpo in canna e sei proiettili nel caricatore.Il fatto viene descritto anche da Angelo Palomba,abitante in via Garofalo 46.Non e’ l’arma che uccide Fausto e Jaio ma e’ pronta a fare fuoco in caso di bisogno.La moto sembra dileguarsi nel nulla.Passano pochi secondi e un’altra ragazza che si trova in Piazza Aspromonte la vede passare,ci sono due giovani a bordo,quello dietro scende ,armeggia sulla targa e toglie una specie di mascherina .Si fa coraggio e si presenta ai carabinieri: mette a verbale la sua descrizione dell’uomo del commando."Era alto un metro e Settanta,capelli scuri mossi,ha circa 25 anni,indossa un giubbotto marrone chiaro".Gli assassini scappano in direzione via Leoncavallo e non si capisce la ragione.Un particolare che lascia perplesso anche Carmine Scotti,poliziotto della narcotici e della Digos di Milano,ora alla Questura di Cremona.E’ il primo ad indagare inquadrato nella polizia giudiziaria,per conto del magistrato Armando Spataro.Un caso che gli sta a cuore.Ancor oggi."Mi resi conto che era gente che veniva da fuori Milano.Gran parte di loro erano professionisti ,avevano già sparato ma provenivano da un giro diverso da quello della criminalità comune.Lo capiì da come si vestivano.Appartenevano ad un ceto diverso da quello di Fausto e Jaio.Usavano gli impermeabili chiari come una sorta di divisa.Qualcuno anche per nascondere armi lunghe.Nel gruppo uno dei tre era scafato,per modalità di esecuzione,per scelte logistiche.Venne scelto con cura il luogo:buio,isolato,vicino alla stazione Centrale e la tangenziale est".

Sono pochi i buchi neri sulla meccanica dell’agguato.In molti pensano che Fausto e Jaio possano aver conosciuto i loro aggressori.Lo scrivono su alcuni giornali.Insinuazioni pesanti,messe in giro ad arte per spostare le inchieste che seguono in altre direzioni.Esattamente come per tutte le stragi. Mauro Brutto dell’Unità non lascia dubbi."L’unico dato certo che polizia e magistrato hanno confermato alla stampa è che Lorenzo e Fausto sono caduti in un vero e proprio agguato e non sono state vittime di una lite o di un diverbio scoppiato all’improvviso.Anche se i due ragazzi sono stati visti da alcuni testimoni parlare con gli assassini,costoro li avevano attesi lungo la strada che portava a casa di Tinelli,con in tasca pistole avvolte in sacchetti di plastica per impedire ai bossoli di cadere in terra e cancellare un importante traccia ".Qualcuno decide la morte dei ragazzi del Leoncavallo ma un fatto,una circostanza li induce ad accelerare l’agguato.Quale?Fausto e Jaio erano seguiti da giorni,così come Danila,la madre di Fausto."Mi seguivano macchine targate Roma e una moto di grossa cilindrata targata Milano- dice Danila -Il padrone della moto era uno di Vimercate .L’avvocato Mariani (parte civile per la famiglia Tinelli) ne possiede perfino il numero di targa.Tra dicembre 1977 e Gennaio 1978 c’era una mini rossa che mi pedinava.Anche Fausto veniva seguito da almeno quattro settimane prima di essere ucciso".Nel Gennaio 1978 Fausto manifesta apertamente timori e paure che confida alla fidanzata ."Silvana sono preoccupato-dice- quando è sera mi guardo intorno e penso sempre che qualcuno mi segua.Non voglio passare più da Piazza Udine".Il padre di Silvana accompagnerà spesso il ragazzo a casa,in via Montenevoso 9.

Sono quasi le 17 del 18 Marzo 1978.Jaio e’ già fuori casa e si incammina verso il Parco Lambro.Uno squillo di campanello rompe la routine di un tranquillo sabato pomeriggio a casa Iannucci."C’è qualcuno alla porta"dice Jaia,sorella di Lorenzo,rivolgendosi alla madre indaffarata nei mestieri di casa."Vado io ad aprire".E Jaia apre la porta.Vede un uomo di colore sui trent’anni ,probabilmente un africano che parla solo inglese e che sembra molto spaventato."Eight o’clock,eight o’clock,Danger,danger"-continua a ripetere meccanicamente mentre mostra un orologio al polso.La signora Iannucci e Iaia rimangono allibite."Cosa vuol dire?Pericolo alle otto".Si guardano senza capire. Perché quell’africano suona proprio il loro campanello?Che cosa lo agita tanto?L’uomo non conosce l’italiano non riesce a spiegarsi meglio.Mentre corre giù nelle scale ripete quasi meccanicamente il suo messaggio.Chi era ?Che cosa aveva sentito?Non c’è risposta ma nel quartiere Casoretto in molti sanno che si prepara qualcosa di grosso.Dovevano saperlo in tanti perché le modalità fin qui descritte portano ad una conclusione certa:solo una vasta rete di complicità può consentire ai killer di colpire e sparire."Non capì il senso della frase ma alla luce dell’omicidio avvenuto poco prima delle 20 l’uomo di colore forse voleva avvertirci che qualcosa sarebbe accaduto proprio a quell’ora".Di misteri l’omicidio del Casoretto è fin troppo intriso.Il padre di Jaio,Mario Iannucci,operaio della Nuova Innocenti, è alla finestra della sua abitazione al Casoretto.Vede un gran passare di macchine di polizia e carabinieri e di autoambulanze.Fin qui tutto è regolare.La sorella di Lorenzo sostiene che il fatto accadeva due minuti prima del duplice omicidio."La prova sta nell’orologio del campanile della chiesa di Piazza San Materno che suona due volte,tre minuti prima e tre minuti dopo l’ora,da sempre.Quella sera i rintocchi battono esattamente alle 19,57 e alle 2O,O3"mi dice Jaia con una sicurezza matematica.Da che parte provengono quelle macchine?Dove sono dirette?Chi le ha chiamate?Danila Tinelli racconta un particolare che conferma la tesi dell’omicidio premeditato e l’agguato in piena regola che sarebbe dovuto scattare da lì a pochi giorni."Quattro giorni prima che Fausto morisse arrivò una telefonata.Era una ragazza .Si presentava come amica di mio figlio.Mi chiedeva però che scuola faceva,a che ora ritornava a casa.Due giorni dopo,tornando dal lavoro ,mi scontrai sulle scale con una ragazza sui 21-22 anni.Vestiva elegantemente,all’ultima moda:stivali in pelle,soprabito,capelli castani con una riga da una parte.Una vecchietta che abitava nel mio palazzo mi disse che le si era presentata poco prima una ragazza .La descrizione combaciava perfettamente con quella che incrociai sulle scale. L’anziana signora cadde nella trappola.La ragazza le chiese vita,morte e miracoli di Fausto:notizie di ogni tipo,comportamenti,abitudini.Gli assassini erano in possesso di dati utili per far scattare il piano.Quando tornò a casa Fausto gli spiegai ciò che era accaduto.Mi disse che non conosceva nessuna persona con quelle caratteristiche .Sono convinta che la donna faceva parte del commando che uccise mio figlio".Il sabato che precede l’omicidio Danila ha come un presentimento."Sentivo l’angoscia crescere.Era sera e Fausto,Jaio e Ivano Valtesi uscivano da casa mia,credo fossero diretti al Leoncavallo per un concerto.Dissi loro di non passare da via Mancinelli,era troppo buia,perché qualcuno avrebbe potuto sparargli alle spalle.Quelle telefonate,la ragazza con l’impermeabile mi avevano fatto pensare che qualcosa di brutto potesse accadere a quei ragazzi,ne ero certa.Poi c’è un altro particolare.Fausto aveva abitudini regolari.Andava a scuola alla stessa ora.Alle 14,30 tornava a casa,mangiava,alle 16 prendeva il te con i biscottini,alle 17 andava al Leoncavallo,alle 20 circa era nuovamente a casa.Era facile colpirlo.Bastava seguirlo,controllarlo per poche ore ,come è stato fatto dai suoi assassini"..Danila racconta mentre le scende una lacrima sul volto."Fausto e Jaio sono stati trattati come fossero dei fantasmi.Invece erano persone in carne e ossa.Non facevano del male a nessuno.Sono stati anni duri,diciotto lunghi anni di silenzio.Noi chiedevamo giustizia,uno straccio di prova che potesse aprire il processo.Solo pochi ci hanno dato una mano.Oltre a te ci sono quelli del Centro,Brutto,Gay,Poletti.

E’ lo stesso silenzio che anticipa la volontà di insabbiare,di dimenticare,come per tutte le stragi che hanno insanguinato il nostro paese.Noi lì a chiedere giustizia.Gli altri,polizia e magistratura,a tacere.Si è fatto poco sul caso di Fausto e Jaio,si sono persi momenti preziosi,attimi che avrebbero potuto far emergere le trame nascoste che li portarono alla morte.Forse perché avevano diciotto anni,frequentavano il Centro Sociale,portavano i capelli lunghi.Forse perché non erano uomini potenti,magari dei ministri ".


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