Liquida

Calipari: il suo assassino lo chiama eroe

by on Mag.09, 2007, under Morire in carcere/ di lavoro

Di chi è la colpa di ciò che è successo?
«Della Sgrena. Che ha avuto la malaugurata idea di andare in un Paese off limits ai giornalisti, costringendo un eroe come Calipari a morire per liberarla. Oggi lui è in paradiso, io sono il mostro di un'intera nazione e lei, che è la causa di tutto, è viva, vegeta e fa soldi raccontando bugie».
Che cosa pensa del processo romano contro di lei?
«Ben venga, se gli italiani hanno bisogno psicologicamente di celebrarlo. Ma l'indagine svolta dall' esercito Usa, l'unico che ha giurisdizione sul caso, mi ha già assolto».
Ha cambiato idea sulla guerra?
«No, a novembre parto per l'Afghanistan e lo faccio contento. Penso che ritirarsi sarebbe un affronto alle migliaia di fratelli morti e feriti. Bush è il presidente e dobbiamo obbedirgli. Le armi di distruzione di massa potremmo ancora trovarle. La guerra serve ed è sempre esistita. Se dovessi tornare indietro? Mi arruolerei prima».

 
  
 
La Toyota Corolla sulla quale viaggiavano gli agenti del Sismi Nicola Calipari e Andrea Carpani e la giornalista Giuliana Sgrena, ferma sulla strada di Bagdad, con le luci accese e lo sportello destro aperto, appena colpita dai colpi sparati dal mitragliere del posto di blocco americano, Mario Lozano. È quanto mostrano le immagini di un filmato inedito trasmesso al Tg5, girato, secondo quanto riferisce lo stesso telegiornale, proprio dal marine Lozano.
Il filmato contiene anche le voci dei militari americani del posto di blocco, con le comunicazioni che si sono scambiate dopo la sparatoria con la base: le voci direbbero che ci sono stati un morto e due feriti e che non c'è un pericolo imminente. Le immagini sono state girate di notte con una telecamera portatile o un telefonino: si vede che l'auto sulla quale viaggiavano gli italiani ha i fari accesi e che è distante qualche decina di metri dal blindato americano fermo al check-point dal quale sono state fatte le riprese. L'auto è ferma accanto all'ultima protezione in cemento del posto di blocco. Si vede una macchia sull'asfalto, accanto allo sportello aperto dell'auto: sarebbe, secondo le indicazioni del giornalista del Tg5, il corpo di Calipari estratto dall'abitacolo.
«We have a killed in action» (abbiamo un caduto in azione). Inizia così il sonoro del video girato da Lozano. Poi la conversazione tra i militari americani prosegue segnalando che non c'è un pericolo immediato, che «uno ha un foro dove è entrato il proiettile, uno e ferito, uno…». Quindi c'è l'ok e «ricevuto» e la conversazione si chiude. Circa 30 secondi di immagini e sonoro in tutto.
Il Pentagono «non ha niente da aggiungere» sulla vicenda della morte di Calipari, rispetto a quella che è sempre stata la linea del ministero della Difesa Usa, per il quale valgono le conclusioni dell'inchiesta militare. Lo ha detto un portavoce del Pentagono, commentando la diffusione in Italia del video girato da Lozano. Nei mesi scorsi, in occasione del rinvio a giudizio di Lozano, il ministero della Difesa Usa aveva sottolineato che il governo americano, ribadendo le condoglianze all'Italia e ai familiari di Calipari, ritiene chiusa la vicenda. «Restiamo ai risultati – aveva detto il Pentagono – dell'inchiesta che fu condotta dalle forze della Coalizione nel 2005, incluse le conclusioni ufficiali che sottolineavano che nessuna ulteriore azione era richiesta contro i soldati di quel checkpoint».
 

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